PLACET DOMINO

Le Consuetudini di Linguagrossa - L'edizione del 1897 - Il manoscritto di Palermo - Il manoscritto di Catania

Il manoscritto di Linguaglossa - Abrogazione delle Consuetudini - Gli Usi Civici

CAPITULORUM LINGUAEGROSSAE

Lo studio delle vicende storiche di un paese comporta la sistematica consultazione di documenti, atti, testi che ci tramandano a volte anche in grandi linee gli avvenimenti accaduti, a volte però tali avvenimenti sono trattati in modo esauriente, in tutto il loro svolgersi; ed è qui che nasce il desiderio di capire perché, quali sono stati i motivi che hanno portato a tali avvenimenti, come si sono svolti e quali risultati hanno raggiunto. Questo lavoro è diviso in due parti, nella prima parte si esaminano Le Consuetudini di Linguagrossa mentre la seconda parte tratta del Riscatto dal servaggio feudale. Sono questi due momenti della storia di Linguagrossa di notevole importanza, entrambi parlano di libertà, di giustizia, caratterizzano in modo marcato il carattere dei linguagrossesi, laboriosi, giusti e soprattutto desiderosi del bene più grande, la libertà. Con le Consuetudini, i cittadini della Terra di Lingua Grossa vollero darsi delle regole di vita comunitaria, ma soprattutto vollero che queste portassero il Placet del barone di turno, volevano essere soprattutto liberi di vivere la loro vita nella lealtà e non nel sopruso, e tutte le volte che un signorotto provava a disattendere qualche regola, si ribellavano. Per ben dieci volte si ebbero delle rivolte contro il barone Nicoloso Crisafi, il quale aveva modificato un atto col quale gli abitanti gli avrebbero promesso 100 onze. Voleva il Crisafi, con un atto notarile falso, riprendersi le 100 onze che doveva al Re. Nel 1514 il Crisafi mandò un algorizio per obbligare i vassalli a pagare il saldo, allora un gruppo nutrito di persone guidate da Cola Copano si presentarono davanti agli ufficiali esattori "cum excitatione populi ad tumultum" per ammazzare Alfonso e Martino de Augustino e compagni. Un'altra volta una famiglia accusata ingiustamente ed incarcerata per volontà del Crisafi, accusò il barone di vessazioni, e grazie alle leggi consuetudinarie ebbe concessa la salvaguardia. La legge andava rispettata. Nicoloso Crisafi, pieno di debiti provava continuamente ad imporre la sua forza, ma non vi riuscì mai, e ormai stanco di avere una Terra che non lo voleva decise di lasciare il tutto in mano al figlio Masullo Crisafi, il quale giurò di rispettare le consuetudini l'8 ottobre 1515. Certamente l'odio che il popolo aveva contro Nicoloso Crisafi era dato dal fatto che questi non aveva mai voluto dare il suo Placet alle Consuetudini sin dal lontano 11 gennaio 1493 giorno della sua investitura a barone della Terra di Linguagrossa. Masullo Crisafi tenne la baronia fino al 1533, cedette la terra alla primogenita Isabella la quale la tenne fino al 1534 quando la stessa la cedette al fratello minore Nicolosio il quale confermò le Consuetudini il 27 marzo 1535, firmandosi Cola Crisafi. Anche questo nuovo barone non si comporta da meno dei suoi predecessori, nel 1558 tenta di disconoscere le Consuetudini, ma soprattutto cerca in tutti i modi di ottenere il mero e misto impero. A causa di tutto ciò avvengono diversi disordini, ed in seguito alla petizione fatta "dalli giurati della Universitati di Linguagrossa", il viceré marchese Giovanni della Cerda, duca di Medinaceli ordina al Crisafi di riconfermare e rispettare le consuetudini di un paese dove erano gentiluomini, dottori e persone di qualità ed ingegno. Il Crisafi suo malgrado deve accettare e fino alla morte non metterà più piede nei suoi possedimenti. È Cola Crisafi l'ultimo della dinastia ad avere la Terra di Linguagrossa, infatti, dopo la sua morte, la moglie vende nel 1568 la Terra a Stefano Cottone. In appena trent'anni si ha una sequela di baroni, ben sei, che denota la grande difficoltà che gli stessi ebbero nel governo della Terra di Linguagrossa. L'ultimo barone a confermare le consuetudini fu Orazio Bonanno il 14 febbraio 1606. I rapporti difficili che i linguagrossesi ebbero con i loro feudatari portarono alla grande decisione di dire basta al signorotto di turno e decidere di ridursi al Regio Demanio. La Riduzione al Regio Demanio è certamente il momento più importante nella storia di Linguagrossa, questa nasce dalla volontà di libertà, di giustizia certa, da soprusi mal sopportati e molte volte esplosi in vere e proprie rivolte, ma la scintilla che accenderà gli animi è il tentativo da parte del barone di ottenere il Merum Imperium. Nel concedere un feudo il Re concedeva ai feudatari diversi diritti e privilegi, l'esercizio della giustizia, la riscossione delle tasse, la difesa del territorio ed altro ancora. Per raggiungere tali scopi al feudatario era concessa ampia facoltà d'azione, sempre nel rispetto delle leggi e delle consuetudini locali. Fra i tanti privilegi che un feudatario otteneva erano la manodopera gratuita per la manutenzione del suo palazzo, il prestito d'armenti o attrezzi agricoli per lavorare le sue terre, animali da cortile per le festività, un cerchio di botte a testa per le botti durante la vendemmia, contributi straordinari, i cosiddetti adjutori feudali, per matrimoni, lutti o altri avvenimenti che interessavano direttamente la sua famiglia. Questi privilegi erano esercitati sui piccoli borghesi, artigiani, commercianti o agricoltori che già possedevano piccoli apprezzamenti di terreno, i villani erano invece considerati come cose annesse al feudo. Ai feudatari spettava il diritto di esercitare la giustizia civile, mentre la giustizia penale era solo del Re il quale a volte concedeva tale diritto, soltanto a parenti o personalità molto vicine a lui. Nelle piccole comunità c'era un Bajuolo incaricato per le cause civili, mentre nelle comunità più numerose c'era uno Stratigoto che si occupava delle cause criminali; queste due figure facevano riferimento al Giustiziero il quale si occupava degli appelli contro l'operato dei suoi subordinati. Al di sopra dei Giustiziera vi era la Magna Regia Curia, questa era formata dal Mastro Giustiziero e da quattro giudici e si occupava soprattutto di tradimenti e dei delitti di lesa Maestà, fra i suoi principali compiti era quello di visitare le terre demaniali per controllarne lo stato sociale, tutti però facevano riferimento al Consiglio di Stato che era presieduto dal Re. Queste figure erano nominate direttamente dal Re, nelle terre demaniali, mentre erano nominate dai feudatari nelle terre a loro soggette, solo se avevano il Merum Imperium. Diversi baroni che ebbero la Terra di Linguagrossa, cercarono di comprare il Merum Imperium ma non ci riuscirono mai per le veementi proteste dei cittadini. Nel 1608, sotto Filippo III di Spagna, il novello barone Orazio Bonanno offre al Re quattro mila scudi per acquistare il Merum Imperium, non vi riesce, ma nel 1621 con la salita al trono di Filippo IV, le cose cambiano, il Re mette in vendita i privilegi del Mero e Misto Imperio, il Bonanno prima riesce a comprarsi il privilegio di Principe di Linguagrossa e subito dopo riprova a comprare il privilegio del Merum Imperium, questa volta i tempi sono maturi, sta per riuscire nel suo intento, ma ancora una volta, e questa volta i suoi vassalli con più veemenza non solo si oppongono al progetto del Principe ma prendono la difficile azione che li porterà al Riscatto della loro Terra. Non sempre la libertà è un bene che non si può comprare.

Studiare le nostre consuetudini è certamente il modo migliore per conoscere e capire l'essenza del nostro popolo, delle nostre tradizioni e perché no, della nostra storia. Le consuetudini ci parlano dei nostri avi e delle loro leggi, in esse sono enunciate tutte le norme che regolavano il quieto vivere. Nel leggerle ci si deve accostare in modo acritico senza perciò cercare somiglianze con le leggi attuali. Il periodo storico della loro compilazione, siamo alla fine del XIV secolo, è quello in cui la maggior parte delle città e terre abitate da comunità multietniche, di varie provenienze: latini, greco-bizantini, goti, saraceni, ebrei, normanni, longobardi, catalani, che seguivano proprie leggi legate alle loro tradizioni, cercavano di unificare le principali norme civili: "Latini, Greci, Iudaei et Saracaeni unusquisque iuxta suam legem iudicetur". Ecco allora il motivo della emanazione di "Consuetudini", semplici raccolte di norme aventi forza di legge che codificavano costumi ed usanze già adottate dalla maggioranza della popolazione.

Le Consuetudini di Linguagrossa

Linguagrossa fu soggetta al domino feudale fino al 1634 anno in cui si riscattò dal servaggio feudale e fu annoverata fra le terre demaniali. Durante il dominio feudale, come molte altre città siciliane anche Linguagrossa godette di speciali Consuetudini che venivano di volta in volta confermate dai signori feudali, e non solo, anche le città come Catania, Palermo, Messina, Trapani ed altre ancora ricevevano la conferma da parte del regnante di turno. Le piccole città tendevano ad usare le consuetudini osservate nella città più prossima alla loro, infatti, Paternò, Castiglione, Vizzini Linguagrossa ed altre ancora usarono le Consuetudini di Catania, confermate per la prima volta nel 1345. Infatti con piccole varianti tutte le Consuetudini delle città sopra menzionate sono desunte in lingua volgare da quelle di Catania. Le consuetudini di Paternò furono confermate per la prima volta dalla Regina Bianca l'11 novembre 1405, quelle di Castiglione dal barone Perruccio Gioieni il 20 agosto 1448, quelle di Linguagrossa dal barone Antonello De Malda il 18 marzo 1481 (capitolo 178), e poi successivamente confermate il 18 ottobre 1515 da Masullo Crisafi (capitolo 179) e il 27 marzo 1535 da Nicoloso Crisafi (capitolo 180), l'ultimo signore della Terra di Linguagrossa a dare il Placet Domino fu, il 14 febbraio 1606, Don Orazio Bonanno; quelle di Vizzini pur non avendo alcuna conferma ufficiale possono dirsi per le similitudini con quelle di Catania non compilate prima della fine del XV secolo. Le Consuetudini di Linguagrossa non solo seguono di pari passo, tranne le varianti locali, quelle di Catania, ma addirittura utilizzano quelle stampate da Cosimo Nepita nel 1594, infatti in tutti e tre i manoscritti conservati delle Consuetudini linguagrossesi ci sono diverse glosse a margine del Nepita. Cosimo Nepita, professore di diritto a Catania e giudice della Magna Regia Curia stampò nel 1594 un esteso commento delle Consuetudini di Catania, ed è proprio questi a dividere il testo in titoli e consuetudini, cosa che in realtà non esiste nel manoscritto originale e neppure nella prima edizione delle Consuetudini di Catania curata da Nicola Intringoli; forse il Nepita utilizzò i titoli per una più facile consultazione. Proprio da ciò si ricava che, i tre manoscritti esistenti delle Consuetudini di Linguagrossa, sono ricavati dall'edizione del 1594 però tradotte in lingua volgare. Le consuetudini riportate nei tre manoscritti sono quelle confermate con il "Placet Domino" da Antonello De Malda e da sua moglie Costancella Crisafi nel 1481. E' da notare che quelle di Catania sono 88 mentre quelle linguagrossesi sono 182, oltre il doppio e soltanto 74 consuetudini sono desunte da quelle catanesi. Inizialmente, verso la fine del XIV secolo quando furono compilate, ma non confermate, avevano lo stesso numero, ma in seguito con il passare degli anni alle originarie ne seguirono altre, per le mutate necessità dei tempi, per esempio la consuetudine 75, "Divieto di mettere tende ai negozi" e la 76, "Obbligo di trascinarsi dietro ai carri mentre si percorre la città", non sembrano scaturire dagli usi della fine del trecento, ma denotano cambiamenti che si verificarono nel quattrocento. La consuetudine è tale quando possiede ben tre requisiti: costante osservanza, tempo immemorabile e conformità alla legge. Scriveva il Nepita che la consuetudine è uno "ius non scriptum ratione continuatum", ma dal momento che questa era raccolta in un libro non era più un diritto "non scriptum" ma un insieme di norme che tutti dovevano rispettare. Il mancato rispetto od osservanza da parte di qualche Signore portava sempre a delle ribellioni, questo perché i cittadini n'erano legati con grande rispetto, considerandole parte fondamentale del loro patrimonio morale e storico. In poco più di 180 norme si condensa il diritto civile della nostra comunità, si va dal diritto privato all'ordine pubblico, dai rapporti commerciali alle norme sull'edilizia, dalle norme sulla locazione alle norme sui beni coniugali, ai beni ereditali e dotali, alla loro successione e divisione, alla maniera di poter testare delle doti le mogli, e in che modo possono farlo o disporne, regolamenti relativi alla custodia dei raccolti delle campagne, etc., molto importanti i capitoli "152: Di la difisa grandi..." e "153: Di la difisa piccola..." che regolavano i confini della Terra di Linguagrossa, tutto questo per evitare che altre comunità potessero allargare i loro confini. Molto spesso il paese si troverà a rivendicare i propri confini con Calatabiano, Castiglione o Fiumefreddo, sia per il pascolo o per la raccolta delle ghiande nel Bosco Ragabo. Tutti i capitoli hanno il Placet Domino tranne il capitolo 137 "Di li restuchi di Ragabo che non si poczanu vindiri" che porta un Negatur. Il barone Silvio Patti poco prima di vendere la terra di Linguagrossa al nuovo barone Orazio Bonanno risolse l'annosa questione dei confini del bosco Ragabo con il feudo di Fiumefreddo, per quanto riguardava la raccolta delle ghiande. Infatti nell'atto di vendita del 1600 del feudo di Fiumefreddo da parte del barone Lorenzo Gravina al nuovo barone Nicola Mancuso il Patti riesce a far indicare esattamente quali sono i confini del territorio del feudo e soprattutto quelli con Linguagrossa e la zona detta "La Lenza": "In hoc Sicilie Regno in valle nemorum, confinantia cum territorio terre Calatabiani, cum territorio terre Linguagrossae, et suuis Nemoribus nec non et cum Monte Etne".

L'edizione del 1897

La prima edizione delle "Consuetudini di Linguagrossa" fu curata e pubblicata dai fratelli La Mantia: Francesco Giuseppe, giudice di Tribunale, e Giuseppe, Archivista di Stato, nel lontano 1897, oggi questa edizione è introvabile e sono poche le biblioteche o archivi ad averne una copia. I fratelli La Mantia nel 1987 continuando il lavoro del loro illustre genitore, il magistrato Vito La Mantia, che già tanto aveva scritto e pubblicato sulle Consuetudini di moltissime città siciliane, pubblicarono per la prima volta il testo delle Consuetudini di Linguagrossa traendolo dal manoscritto conservato nell'Archivio di Stato di Catania, questo libro nella sua semplicità è forse il più interessante dei libri che hanno trattato della storia di Linguagrossa. Nella loro lunga introduzione gli autori scorrono la storia del paese con grande familiarità e puntualità. Sostarono a Linguagrossa per molto tempo, rivoltarono l'Archivio Comunale e non solo, ma non trovarono alcun testo che trattasse delle Consuetudini di Linguagrossa. Loro erano già a conoscenza di due manoscritti, uno conservato nella Biblioteca della Società di Storia Patria Siciliana di Palermo, e l'altro conservato nell'Archivio di Stato di Catania, ma cercavano conferme o varianti in qualche testo conservato negli archivi comunali.

Il manoscritto di Palermo

Il manoscritto conservato nella Biblioteca della Società di Storia Patria Siciliana di Palermo è certamente della fine del XVIII secolo ed ha questo titolo "Consuetudini di questa città di Linguagrossa conservate nell'Archivio Comunale". Dell'esistenza di questa copia fu data notizia nell'Archivio Storico Siciliano dell'anno 1892. Il testo comincia con le parole: "J. M. J. - Li capitoli di li gratii..." ecc., il volumetto presenta diverse grafie, cioè dal principio fino alla metà del cap.63, da questo al cap.75, e dal cap.76 al cap.182. Dopo l'ultimo capitolo si legge: "Finis - Vidit Dr. Puglia Iuratus - Onofrius Mascali pro Magistero Notario". Le due firme non sembrano originali. Questa copia presenta diverse omissioni ed errori; nel capitolo 40 sono omesse le parole: "et si avventura da quillo matrimoniu"; il capitolo ha per titolo: "Di li tendi chi non si ponzano mettiri alli apotigi"; il capitolo 163 sempre senza titolo ha qui un titolo: "Lu mastru Notaro chi divi aviri per la pleggeria"; ma è nel capitolo 152 dove si riscontra un fatto molto grave, è il capitolo riguardante i confini della terra e forse per ampliarli, per favorire qualcuno, si scrive dopo la parola nexi: "all'aira di lo Collotto in testa lu xerru et nexi supra la chiusa di lu nucillitu di Michele Gargano et dapoi nexi…", un favore alla famiglia dei Gargano discendenti da quel Cosmo Gargano giurato durante la riduzione al Regio Demanio? Nel volumetto i cui fogli non sono numerati si trovano diverse glosse marginali e citazioni di noti giuristi, Nepita, Giurba, Del Cartiglio, e De Luca, annotazioni legali ed addirittura nel capitolo 67 su i testimoni è citato un ordine del 1773.

Il manoscritto di Catania

Il manoscritto conservato presso l'Archivio Provinciale di Catania è un volumetto di 109 pagine, in 8°, alto 21 cm. e largo 15 cm., oltre l'indice e tre fogli per i privilegi concessi nella riduzione al Regio Demanio. Il testo inizia con le parole: "J.M.J. - Volumen Consuetudinum huius civitatis Linguaglossae". Ad usum mei D. Ferdiandi Mannino et Castrogiovanni anno Domini 1787. Dopo l'indice si legge: "Finis. Ad Dei gloriam, anno Domini 1787". Al margine d'alcuni capitoli si legge N o Nepita, ed anche il numero corrisponde al capitolo delle Consuetudini di Catania. Questo esemplare fu donato all'Archivio Provinciale di Catania nel 1887 dall'avvocato Michele Calì. Francesco Paolo Bertucci direttore dell'Archivio Provinciale nel 1887 nella relazione riguardante gli anni 1886/87 ne diede una breve notizia: "Se non che debbo rendere grazie all'avvocato sig. Michele Calì del fattomi dono di un Codice ms. contenente in copia le Consuetudini della città di Linguaglossa, che io, col consenso del donante, ho creduto utile depositare nell'Archivio Provinciale, riguardando un Comune di nostra Provincia… Il Volumen consuetudinum hujus civitatis Lingueglossae, che abbiamo avuto in dono, è una copia di quella confermata da Antonello de Malda Barone di quella Terra il di 18 marzo 1481, e dai Baroni che gli successero Masullo Crisafi nel 18 ottobre 1515 e Nicolosio Crisafi nel 27 marzo 1535. Mi pare che esse abbiano avuto vigore anteriormente stando alla supplica che vi è premessa… Tali capitoli sono compresi in 181 articoli e nel 178 trovasi notata la conferma del Malda 1481… Osservandosi in molti capitoli di questa copia al margine le corrispondenze colle consuetudini di Catania, commendate dal Nepita, e pare, tranne in qualche capitolo di polizia rurale, siano informati ai medesimi principi e alle medesime regole." Dopo il capitolo 180 si legge: "Die primo septembris, XII Inditionis, 1509. De mandato spectabilis domini baronis dictae terrae per me Notari Antonio de Fatio foro scritti l'infrascritti capituli". Per la fragilità della carta usata venivano fatte periodicamente delle copie, da servire a Notai, Giudici ed Avvocati. Il manoscritto, conservato oggi nell'Archivio di Stato di Catania, e quello che i fratelli La Mantia utilizzeranno per la prima pubblicazione delle Consuetudini di Linguagrossa.

Il manoscritto di Linguaglossa

I La Mantia com'era loro costume, quando vennero a Linguaglossa nel maggio 1896 cominciarono le loro ricerche nell'Archivio Comunale ma: "non si è trovato alcun manoscritto delle Consuetudini, ma soltanto copie di alquanti atti per la riduzione al Demanio"; ritornarono sfiduciati a Palermo e decisero allora di utilizzare il testo conservato a Catania. Ma a Linguaglossa una copia delle Consuetudini esisteva e si conserva ancora oggi nell'Archivio della Famiglia Previtera; questo composto da 74 pagine è del 1756 ed era in uso al Giudice Civile e Criminale, Gaetano Previtera. È certamente il testo più antico delle Consuetudini, e precede di trent'anni il testo conservato a Catania, è anche interessante perché all'inizio fa riferimento alla riduzione al Regio demanio: "J.M.J. Liber Capitulorum, et Consuetudinum, ac Legum Municipalium huius Civitatis Linguaegrossae quae olim Terra sub Dominatione infrascriptorum Baronum erat nunc per Dei Gratiam ad Regium Demanium ab anno 1634 exsistentibus Iuratis Io: Francisco Stagnitta, Cosmo Gargano, Sigismundo Stagnitta, et Paulo Tarascona, Sindaco V.I.D. Marco Antonio Stancanella". Alla fine del manoscritto seguono un Codex Parvulus, un Formulario di Sentenze e appunti vari.

Abrogazione delle Consuetudini

I capitoli delle Consuetudini, come quelli delle altre città siciliane, rimasero in vigore fino ai primi anni del XIX secolo soltanto in quelle parti che non erano state derogate già da altre leggi posteriori o da differenti usi municipali. L'abrogazione vera e propria di tutte le Consuetudini in Sicilia avvenne dapprima con la riforma del 1812 quando la Sicilia venne divisa in ventitré distretti, Linguaglossa rientrò nel Distretto di Catania; successivamente nel 1817 con gli Statuti dell'Amministrazione Civile quando le tre Valli di Mazara, Noto e Demone vennero divise in sette valli minori (art.1), Linguaglossa venne compresa nella Valle e Distretto di Catania, in seguito con l'unificazione amministrativa alle sette valli venne dato il nome di Province come era già in uso nel napoletano; infine nel 1819 con la promulgazione del nuovo "Codice per lo Regno delle Due Sicilie", codice di leggi civili, penali e di commercio, venivano derogate le leggi romane, le leggi sicule e le consuetudini generali e locali. L'art. 3 della legge 21 maggio 1819 disponeva che "dal giorno 1 del prossimo settembre, le leggi romane, le costituzioni, i capitoli del regno, le prammatiche, le sicule sanzioni, i reali dispacci, le lettere circolari, le consuetudini generali e locali e tutte le altre disposizioni legislative cesseranno nei domini di là del Faro di avere forza di legge nelle materie, che formano oggetto delle disposizioni contenute nel mentovato codice per lo Regno delle Due Sicilie". Si introduceva così in Sicilia il regime codicistico in senso moderno segnando nel contempo la fine del sistema del diritto comune. In realtà le riforme non furono introdotte subito perché gran parte della Sicilia era rimasta sino al 1812 soggetta a signoria feudale, conservando "usi e abitudini feudali", fu necessario quindi "frapporre fra la totale abrogazione delle antiche forme, e la introduzione delle nuove uno stato intermedio", vennero così abrogate le norme precedenti (Decreto 11 ottobre 1817, art.269). Il 7 maggio 1838 si ebbe per l'amministrazione civile la definitiva unificazione delle leggi in Sicilia.

Gli usi civici

Dopo il decreto del 1819 le Consuetudini non ebbero più motivo di esistere, oramai tutto era regolato da leggi comuni a tutti, ma a Linguaglossa, era trascorso appena un anno dal Decreto del 1838, si dovette ricorrere ancora una volta all'uso degli Usatici per regolare gli eccessi ed evitare ulteriori danni al Bosco Comunale: Linguaglossa li 4: Aprile 1839. Si è riunito il Collegio Decurionale in seduta straordinaria per invito speciale del Sig. Sindaco (Gaetano Previtera). Sono intervenuti tutti. Ritrovato legale il numero il Sindaco ha dichiarato aperta la sessione ed ha invitato la decuria a deliberare sui seguenti oggetti:

Omissis 3°

A deliberare sui mezzi idonei a prevenire i danni che questi singoli arrecano al bosco con l'esercizio dei loro usi, a motivo degli eccessi che si permettono per gli errori dannevoli che il tempo ha introdotto. Sul 3° Il Decurionato Considerando che la necessaria conservazione del bosco esige che gli usi Civici appartenenti a questi Comunisti siano quei soli che sin da secoli si sono esercitati, e che l'esercizio ne sia regolato come negli anitichi tempi in modo che non degenerino in abuso. Che tali usi civici non furono a principio, e per tempo immemorabile che i soli seguenti.

1) Di legname ossia provvedersi di legno secco, o inutile per uso di fuoco.

2) Di recidere previa cognizione dell'autorità locale, alberi necessari per caseggiare, e pel servizio di torchi, ed altre macchine rurali, o di qualunque altra specie inserviente all'esercizio dell'agricoltura delle arti, e mestiere.

3) Di far pascolare ogni specie di animali, e di armenti dal 6 Dicembre, sino al di 4 Ottobre, e di farli anche pascolare nel rimanente dell'anno, nella parte così detta aperta, pagando la solita fida.

4) Di seminare pagando la decima del prodotto che da qualche tempo però gli usurari hanno abusato poicche si sono permessi far uso anche di legni verdi per fuoco, di recidere legna per caseggiare, sia senza necessità, e ben spesso senza la preventiva cognizione dell'Autorità Locale; di far pascolare le capre cotanto dannose ai boschi in luoghi, e tempi non convenienti; e di seminare senza rispettare le antiche consuetudini, di talcbè spesso avvengono delle questioni, e vie di fatto tra i coltivatori. Che onde ovviare a tutti questi inconvenienti, è d'uopo determinare, e limitare gli usi, la loro estenzione, ed il modo di esercitarli, richiamando in vigore tutte quelle disposizioni che l'esperienza e la viggente legge forestale riclamano, onde il Bosco si conservi non solo, ma si aumenti ancora. Delibera doversi dichiarare, e statuire:

Art. 1° Che ai Comunisti di Linguaglossa sul bosco del Comune non appartengono, che i soli seguenti usi:

1) Di legname, ossia di provvedersi di legno secco, o inutile per uso di fuoco, e per legno inutile anche s'intende il verde qualora trovasi a terra per qualunque siasi causa; del pari e che le ginestre comunque verdi, e sul piede.

2) Di provvedersi di legni, ed alberi necessari per caseggiare, e per torchi, e macchine, e strumenti di ogni sorta per uso di fondi rustici, e per l'esercizio di ogni arte e mestiere. Chi esercitar voglia quest'uso debba fare dimanda al Sindaco, apponendo il bisogno, ed il Sindaco conosciuto il bisogno determinerà il numero degli alberi necessari al chiedente, e la contrada dove deve eseguire il taglio; e quindi l'usuario chiedente coll'assistenza del Sindaco, e del guarda bosco da costui destinato, potrà recidere, e prendere gli alberi già assegnategli. Se il Sindaco si rifiuterà di accogliere la dimanda del chiedente, o non l'accoglierà per intiero, la stessa dimanda sarà presentata al Decurionato la di cui determinazione dovrà essere eseguita dal Sindaco. Semprecchè lo stesso individuo nello stesso tempo, o in tempi diversi dimandava più di un albero la dimanda sarà fatta al Decurionato la di cui determinazione sarà eseguita dal Sindaco, semprecchè lo stesso individuo dello stesso tempo, o in tempi diversi domanderà più di un albero la dimanda sarà fatta al Decurionato la di cui determinazione sarà eseguita dal Sindaco. Così la dimanda che le disposizioni del Sindaco, o del Decurionato dovranno essere consegnati in appositi processi verbali, che verranno consegnati nella cancelleria Comunale. Il Sindaco, ed il Decurionato saranno responsabili se accoglieranno dimande non fondate sopra l'evidente bisogno dei chiedenti, o se accorderanno più di quanto lo stesso bisogno esigge.

3) Di far pascolare ogni specie di animali, o di armenti dal sei Dicembre sino al di quattro Ottobre. Da ora in poi atteso il divieto delle vigenti leggi forestali non si potranno più far pascolare capre nel Bosco. Il diritto di fido sarà fissato ogni anno dal Decurionato.

4) Di seminare pagando la decima del prodotto al Comune. Non potranno essere seminate, che le terre della parte attualmente dissodata a cominciare dall'estremità del Bosco che confina coi fondi dei privati, sino alla dimarcazione che trovasi già stabilita. Le terre sudette seminabili, saranno divise in tre porzioni ed ogn'uno non si potrà seminare, che una sola delle tre porzioni, di tal che quella che verrà seminata il primo anno non lo potrà essere che dopo tre anni. Chiunque vorrà seminare, dovrà segnare con calce la porzione della terra che sarà per seminare apponendo la calce ai quattro puntl formando un quadro. Questa operazione dovrà farsi nel mese di Maggio di ogn'anno. Niuno potrà segnare, e seminare una porzione di terra maggiore di tumoli dieci misura legale. Ogni quistione sul proposito sarà conosciuta, e decisa dal Sindaco. 5) Di prender neve, ben'inteso che negl'anni in cui la neve si troverà arrendata. L'uso si intende limitato alla propria famiglia, a quella neve che l'Arrendatario non avrà chiuso, e che debba lasciare aperta pello esercizio di tal uso.

Art. 2° Chiunque controverrà alle superiori disposizioni sarà punito ai termini delle leggi penali, come reo di uso privato dei mezzi della Pubblica autorità, e condannato inoltre al ristoro dei danni, ed interessi.

Ben settant'anni dopo il Comune di Linguaglossa si ritrovò ancora una volta a regolare gli Usi Civici, altre le condizioni economico-sociali, così il 2 dicembre 1909 deliberò il nuovo regolamento degli usi civici, se ne riportano i più importanti:

ART.1 Tutto il bosco demianiale appartenente al Comune di Linguaglossa, denominato "Ragabo", è soggetto all'esercizio degli usi civici a favore della popolazione. L'Amministrazione Comunale, in seguito a parere conforme dell'Ufficio Forestale, potrà sospendere temporaneamente l'esercizio di questi diritti quando la necessità del miglioramento e della ricostruzione del bosco suddetto ne manifestasse il bisogno.

ART.2 Tutti i cittadini e tutti coloro che nel Comune hanno fissato stabile dimora ai sensi del Codice Civile, nei limiti dei bisogni personali e delle loro famiglie, possono raccogliere la legna secca giacente a terre e le piante schiantate od altrimenti abbattute dalle meteore, per uso di combustibile. Qualora la quantità di legna secca o schiantata non sia sufficiente per i bisogni della popolazione, si procederà all'assegno di quel numero di piante che si reputerà necessario per poterli soddisfare. Tali assegni saranno fatti compatibilmente con le condizioni e la potenzialità del bosco.

ART.3 Resta vietata ogni speculazione sulla legna da ardere così secca che verde, rispetto alla quale i diritti dei cittadini sono uguali e la speculazione, arrecando profitto ad alcuni, sarebbe di danno agli altri.

ART.4 Oltre la legna da ardere, i cittadini potranno prelevare gratuitamente dal bosco: a) legname necessario per gli attrezzi agricoli; b) il legname necessario per la manutenzione delle proprie case di abitazione.

ART.5 I cittadini ed a preferenza i poveri in casi di insufficienza, che avessero bisogno di legname per gli usi indicati negli articoli precedenti, dovranno farne istanza al Sindaco non più tardi del mese di gennaio di ogni anno, specificando la quantità e la qualità del legname che loro occorre. Il Sindaco, accertatosi che i richiedenti sono effettivamente poveri e constatata l'attendibilità delle domande, le trasmette all'Ufficio Forestale con il parere della Giunta Municipale. I poveri per tali concessioni non pagheranno al Comune corrisposta alcuna. Anche i non poveri hanno diritto ad uguale trattamento circa l'assegno di cui trattasi; corrispondendo però due terzi del prezzo delle piante.

ART.8 I cittadini che esercitano speciali industrie e mestieri (bottai, falegnami, tornitori, ebanisti, ecc.) potranno chiedere al Comune l'assegno di determinata quantità di legname, pagando però il prezzo di stima diminuito di un terzo.

ART.9 La revisione del cespugliame (eriche, ginestre, corbezzoli, felci e simili) per usi domestici ed agricoli è libera.

ART.10 Gli esercenti fornaci di calce, di laterizi, fornai e simili, potranno ricavare dal sottobosco le piante occorrenti per la loro industria pagando però una corrisposta equivalente ai due terzi del valore reale del fasciame utilizzato.

ART.11 Il taglio dei cespugli è vietato nelle regioni del bosco giovane od in via di riproduzione, nonché nelle regioni franose o spesso in eccessiva pendenza, prive dì altre vegetazioni arboree.

ART.12 Resta in facoltà del Comune di porre in vendita tutti quei prodotti boschivi che non possono essere utilmente utilizzati dalla popolazione, ovvero che sopravvanzano ai bisogni di questa.

ART.13 L'uso civico del pascolo sarà esercitato sotto l'osservanza di tutte le norme stabilite dalla legge e dai regolamenti forestali. Perciò sarà rigorosamente vietato nelle sezioni sottoposte a rimboschimento, nelle tagliate, nei novelleti e nelle sezioni ove non si è raggiunto il naturale ripopolamento.

ART.14 Il pascolo caprino potrà esercitarsi solo nelle contrade ad oriente, mezzogiorno e ponente del bosco e prive di vegetazione arborea, previo verbale di assegno.

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CAPITULORUM LINGUAEGROSSAE

Li Capituli di li gratii, exentioni, consuetudini et Observantis di la Universitati et terra di Linguagrossa ad ipsa de longo, immo longissimo tempo di li quali non fu, né è memoria di homu in contrario, concessi, optinuti et observati, li quali ad uberiorem cautelam si riquedi, et supplica ipsa Universitati alli Magnifici Signuri loru, allo Signori Antonello Malda et alla Signora Costancella Sua Muglieri che sia loru mercij gratiose confirmari, attitari, ampliari et de novo concedere per quietu vivere, et felici statu di ipsa Universitati, et chi haggianu tutti e singuli habitaturi di ipsa per omni futuru tempu cum ipsi viviri et campari, et ipsi Signuri chi in chi haggianu di observari, manutiniri et difendiri per ipsi et loru Eredi et Successuri in perpetuum.

1. Di li Offitiali che digianu esseri nativi de ditta Terra. In primis che li officiali chi sarrannu da fari in la dicta Terra, digianu essiri nativi di la dicta Terra, oy ipsi, oy loro moglieri. Placet Domino.

2. Di lu Capitanio et altri officiali digianu essiri annuati. Item che lu Capitanio digia essiri annuatu, et etiam tutti altri offiziali appoi de lu Iudici et Notari che siano ad voluntati di la Universitati preditta et di lo Magnifico Signuri. Placet magnifico Domino ad eius beneplacitum.

3. De li animali che si ponno detiniri in li glandi impune. Item chi lu tempo delli boschi, idest di li glandi di Santa Cruci sia ad Santo Nicola traceri et ad Natali filatto, et li burgisi di la detta terra impune chi poczanu detiniri una iumenta oy uno cavallo et tutti li boi lauraturi, et in lo altro tempo omni bestiami sine soluptioni alcuna. Placet magnifico Domino quod Burgenses dictae Terrae possint detinere in dicto terreno pro quolibet para duo bovum, jencum unum equitaturam prout hactenus obsueverunt et soliti sunt ab anitquo.

4. Che li habitaturi et burgisi poczanu intrari in li boschi jorni tre innante Santo Nicola. Item chi li habitaturi et burgisi di la dicta terra poczanu entrari in li boschi de lo magnifico signori de la ditta terra in li tempi de la glanda jorni tre alli traceri innanti S. Nicola, et quando ndi fa filatto jorni tre innanti lu jornu di Natali, cussì como per lu passato è stato accostumato, et etiam havire tempu di ricercare la bestiami poi di S. Croce per jorni tre. Placet Domino prout hactenus consueverunt et usi sunt.

5. Che poczanu cogliri salma una di glanda in li boschi. Item che in lo detto boscu di lo magnifico signori poczanu cogliri salma una di glanda per opu di uno mannarino porco di casa tantum, et non ultra, prout est solitum. Placet Domino quantun sufficit pro uno mannarino prout solitum est ab antiquo.

6. Che in lo ditto Bosco si pocza fari Lignami di Casigiari. Item chi in lo dicto Bosco tutti Burgisi, et habitaturi poczanu fari lignami di Casigiari et etiam in li convicini impune ad Caltabiano et Castigliuni. Placet Domino prout consuetum est ab antiquo.

7. Item che lu animali grossu si digia intendiri di uno anno a munti. Placet Domino prout solitum est ab antiquo.

8. De li animali che paganu a lu bagliu di la ditta terra. Item per ciascheduno animali picculu, cussì comu su pecuri et crapi, si digianu pagari a lu Bagliu di detta terra dinari dui per ciaschiduno, et lu porcu dinari tre, et per li agnelli, zauretti et purcelli che allattano et vanno appresso, non si digia pagari nenti, excepto si digia pagari per li matri, et quando non andassero appresso la matre, et non passassero lu anno, digiano pagari lu dannu chi faranno. Placet prout solitum est ab autiquo.

9. Dellu danno delli lavuri come si debiano pagare. Item che lu danno verrà fattu in li lavuri oy seminati non czappuliati fina ad menczo di marzo, la emenda et extimationi de lo danno si dia fari et pagari ad ragiuni de jornata incontinenti; et di li seminati czappuliati in qualunca tempu facto lu damnu dapoi che su czappuliati, videlicet di menczo marzo inanti, si digia fari pagari lu dannu et extimationi in lo tempo de li recolti di simili vittuagli, et in li dapni facti di menzo marzo innanti similiter si digianu pagari in li recolti. Placet prout solitum est et consuetum ab antiquo.

10. Di lo danno di li airi. Item si lu dapnu sarrà alli airi, in li quali li gregni serranno intimognati, et di la detta timogna alcuna cosa inde fosse incomenzato ad pisari oy ad spagliari, intanto che chi apparissi paglia in la aira preditta, per lo ditto danno allu patruni di la ditta sua ayra nenti si digia pagari, imperocchè alli ditti patruni apparteni guardari oy fari guardari la ditta sua aira, videlicet lu jornu; tamen si li gregni su intimognati in la integra timogna, et non nde ha mossu, nè pisatu nenti, et costirà di lo danno ut supra, la ditta ragione de lu palu si digia pagari allo ditto baglio et la extimationi di lo danno allu patruni; tamen si scadissi in alcuna aira essiri dui timogni, cioè una di formento et l'altra di orgio, et l'una fussi incomenczata ad pisari, et l'altra fussi intigra, et li ditti animali facissiro danno in la ditta timogna integra, eo casu lu patruni di li ditti animali sia tenutu a pagari la detta ragione di lu palu allu baglio, videlicet grana tre et la emenda di lu dapnu allu patruni di la ditta aira, et cussi midesimi si digia pagari lu dapnu chi serrà fattu per li animali in li seminati non mituti oy in li gregni oy in manipuli intru li ristuchi. Placet Domino prout solitum est ab antiquo.

11. Di la denunciationi oy accusa de li animali per li dapni fatti. Item che la denunciationi oy accusa de li animali per li dapni fatti si digia fari et accusari per li patruni di li predii intra otto giorni poi chi li patruni sapirannu et haviranno conscientia et notitia de li dapni fatti in li predii, et non ultra li otto jorni passati, li ditti patruni di li predii nullatenus siano auduti, nè admissi in la denunciationi loro. Placet Domino prout solitum et consuetum est ab antiquo.

12. De lo danno facto per li animali di alcuno predio. Item si alcuno danno serrà fatto per li animali di alcuno predio, li quali animali lu patruni di li predii non sacza de cui sia ditti animali, et deinde lu animali di alcuno in li ditti predii dannificati apparissi oy fussi trovato, et tando per lo primo danno et traczera costassi oy apparissi chi li animali, li quali lu ficinu lu primo foru di quillo lignatii seu spetii, di lu quali serrà et est quillu animali chi poi fu trovatu in li ditti predii, lu patruni di lu ditto animali sia tenuto pagari la emenda oy extima tanto de lo danno passato, quanto di quello danno in lo quali su trovati li animali; tamen quistu si intenda si lo danno passatu sia statu infra uno misi di lu jornu chi apparissi lu dapnu fattu. Si vero poy di lo misi, lu patruni de li animali non sia tenuto ad pagare lo danno preterito, sed solummodo quellu danno in lo quali fu trovato lu so animali. Verum chi dato che infra mensem. apparissi per la traczera essiri lu animali di quillu chi poy loco fu trovatu, lu dittu patruni di lu dittu animali, lu quali fu truvato in lo dicto danno, volissi provari incontinenti chi lu primo danno lu ficinu li animali di altrui, eo casu lu dittu patruni di lu dictu animali chi fu trovatu in lo ditto danno non sia tenuto ad pagari si non quillu danun sulu, et non lu danno preteritu. Lu patruni vero de li predii digia aviri la sua raxuni circa lu patruni di lo animali chi ficinu primo lu danno. Placet Domino secundum consuetudinem. et prout consuetum et solitum est ab antiquo.

13. De li animali accusati et denuntiati a lu baglio non si digiano tornari a lu patruni, nisi primo dugnano idonea plegeria. Item chi li animali accusati et denunciati allu baglio non si digianu turnari a lu patruni nisi primo dugnano idonea plegeria, la quali si digia scriviri, di emendari lu damnu allu patruni di li predii per lu modu e forma sopra dicta; et data la dicta pliggiria, lu Secretu di la ditta terra eligia et digia eligiri arbitri et fari extimari lu damno de voluntate ambarum partium, secundu lu vidiri di li quali arbitri lu dittu plegiu sia costrittu pagari la emenda di lu ditto danno. Et si per aventura lu damnu fussi fatto in li frutti di vigni oy di olivi, la estimationi di lu damnu si digia fari in lo tempo di li vindigni oy di cogliri li olivi tantum di avveniri. Et si per avventura lu dannu serrà fattu in li arbori di li viti di li vigni et de aulivi, oy jardini oy orti oy ferraini, oy in li orti di fogli et fluri et li loru frutti la estimationi de li ditti danni si digia fari in dinari contanti, et digiasi pagari di contanti. Placet Domino prout solitura et consuetum est, et quod Bajulo solvatur accusatio, et patrono solvatur damnum extimatum per arbitros missos per Secretum.

14. De lu dannu fattu in li vigni, oliviti, jardini, orti et altri predii. Item si alcunu dapnu fussi fattu in li vigni, oliviti, jardini, orti et altri predii vicini cum alcuno jaczu oy mandri di lu territorio di detta terra, in li quali sianu pecuri, crapi, porci oy vacchi, apparissi lu dittu dannu fatto in li ditti predii oy siminati, et custassi lu dittu danno essiri fattu per li traczeri de li animali per lu modu che supra est dictu, tunc lu danno preditto si digia pagare per li patruni de li ditti animali et pagatu lu dittu dannu per lu patruni, lu guardianu di li ditti anirnali sia tenuto pagarlu a lu dittu patruni de li animali preditti, et partendosi senza licentia lu ditto guardiano, lu patruni etiam si pò tiniri di lu soldu tutto quello che ha pagato. Placet Domino.

15. De li animali che intreranno in alcuno nocellito chi sunu tenuti ad pagari. Item si li animali di alcuno intrassiro in alcuno nocellito di la mitati di marzo per tuttu lu misi di ottubru, lu patruni di li ditti animali digia pagari, si serrà accusatu allu bagliu grana sei, et sia licitu allu patruni di lu nocellito prindirisindi grana quattro, oy domandari lu dannu essendu chiusu lu nocellito, alias non pocza pagari li grana quattru, et di lu primo jornu di novembro fina ad menczo marzo digia pagari grana tre, et pagari lu danno allu dittu patruni tantum et sempre che serrà chiuso, videlicet di omni tempore. Placet Domino prout solitum et cousuetum est ab antiquo.

16. De la persona cuiuscumque sexus intrassi per accasuni di cacchiari in la vigna. Item si alcuna persona cuiuscumque sexus per accasuni di cacchiari, oy vero intrassi in la vigna di alcuno in li tempi de li frutti, videlicet di lo primo di maio per tutto ottobre, sia tenuto, essendo accusato, ad pena di tarì uno allu Baglio, ancorchì non pigliassi nenti di li frutti, in li altri tempi sia tenuto ad pagari grana cinco appoy chi non scassassi passi, eo casu tunc essendo denunciato digia pagari tarì uno, et accusatu grana cinco ut supra. Placet Domino prout solitum et consuetum est ab antiquo.

17. Di la confusioni di li beni di lu maritu et di la muglieri procreati figli et di la divisioni loro. Omni cosa di lo marito et di la moglieri di qualunquata parti provenienti, nati figli si digiano confundiri et farisi uno corpu, et volendu lo marito et la moglieri partiri li ditti cosi cum li figli, dummodo che li figli sianu majuri di dece et octo anni, oy si non fussiro maiuri, che primo chi fussi dato legitimo curaturi ad quistu attu, una terza parti digia essiri di lu patri et un'altra terza di la matri et l'altra tertia, di lu figliu oy figli procreati di lu matrimonio preditto, levata et dedutta di li ditti beni che si divissero partiri la raxuni di autru, remanendo però lu patri et la matri obbligati; reservando tamen a li ditti patri et matri in vita eorum, che divisi li ditti beni poczano quocumque alienacionis et obligacionis titulo alienari, non di sapendu, nenti li figli, ecceptu che la alienatione preditta non sia contratta da delittu vel quasi oy di prigiria oy di qualsisia altru contratto chi continisse lu dittu patri oy matri liberari di parti di contrattu. Placet Domino.

18. Di la concessioni a lu maritu et patri et alienationi. Item sia licitu allu patri et allu maritu, non di sapendu nenti la muglieri e li figli, alienari e distrairi li beni mobili comun intra di loro, ecepto che non constassi causa comuni opinioni lu dittu maritu essiri dissipaturi et distrudituri di li ditti beni comuni; tamen quistu sia et digia essiri proibitu alla mugleri, verum che non sia licito a lu maritu alienari li beni stabili sine consensu et voluntate uxoris. Placet Domino.

19. Che non sia licitu a la muglieri sine voluntate mariti obligarisi ad alcuno. Item prohibitum sit uxori sine voluntate mariti tam ex causa dotis per donacioni, quanto per altra accaxuni, ipsa si obbligassi ad alcunu; et si fussi fatta la obligationi, idest che la muglieri sine voluntate viri si havissi obligato ad alcuno, et dell'obligationi obligatosi illu, fussi convenuta et astritta per quilla obligationi, ipsa digia essiri liberata et absoluta di la obligationi preditta; et si per aventura lu marito havissi pagatu quillu che la moglieri si haverà obligato, tanquam indebitum si pò ripetiri, nisi tantum la ditta moglieri si obligassi pro redentione eius mariti, videlicet si lu marito fussi tenuto prixuni di suoi inimici; e questo midesimi pò fari la matri pro redemptione filii detempti ab hostibus, quando so marito est absenti. Placet Domino.

20. De concessione et licentia data iugalibus in ultimis suis, et chi di la loro terza parti poczano testari et fari zocu li placi, dummodo chi recanuscano li figli de alcuna cosa. Item in casu vero mortis sia licitu ad caschiduno di li iugali fari, disponiri et testari di la sua terza secundum lu liberu arbitrio di la sua volontati, dummodo che per via di institutioni secundum lu suo arbitrio, li figli oy figlio in aliquo recanuscano, lege Falcidiae, conditione ex lege repletionem legitimae inducente, seu aliquo iure de hoc loquente instituto minime valituris. Placet Domino.

21. Comu lu marito pò attistare in suis ultimis di la comuni sustantia, extrahiri li male ablati e male acquisiti, et quomodo ei credatur. Reservato e concesso patri et marito tamen non di sapendo nenti la muglieri et li figli, chi poza in tutta la comuni substantia primo et ante omnia, antequam fiat divisio inter eos, extrahiri et satisfari pro liberatione animae suae li mali ablati et mali acquisiti per illu poi contrattu et consumatu lu matrimoniu intro li ditti iugali; de quibus male ablatis si digia stare tantummodo sacramento mariti et patria in lo tempu chi farrà testamentu in lo fini so. Placet Domino.

22. Di la successioni di lu patri et di la matri morti ab intestati et de collationibus faciendis. Patre vel matre vero ab intestato premortui, et li figli oy figlio suprastanti et remanenti di uno matrimonio oy diversi cum, uno di li parenti cioè patri oy matri, la terza parti di la eredità di lu dittu patri oy matri premortuo digia essiri et scadiri a lo ditto figlio oy figli, li quali su in potestati et familia di lo patri oy di la matri, e questo sia per accaxuni di successioni , et sic li ditti figli hayano dui parti, l'una parti debita a loro per ragiuni di natura oy di la consuetudini, e l'autra parti per ragiuni di la successioni di lu patri et di la matri ab intestati defuncti. Et si li figli femini oy masculi emancipati oy dotati volissero concurriri a li ditti successioni di lu ditto patri oy matri ab intestati premortui, insembli cum li ditti loro fratri oy soru, li quali erano in potestate et familia ut supra, intantu li ditti figli dotati oy emancipati digianu et sianu tenuti di conferiri tutti li beni, li quali ipsi havissiro avuti di loro patri et matri tanto per dota, quanto per raxuni di emancipatione et donacioni, quanto per altra qualsivoglia occasioni, oy causa lucrativa; et si ipsi filii dotati ut supra non lu volissero fari penitus siano et digiano essiri esclusi di la ditta successioni di lu dittu loro patri oy matri ab intestato defuncti. Placet Domino.

23. De la successioni et di li beni di lo figlio et di lo frati. Item si alcuno oy alcuni di li figli liberati a potestate patris per mortem oy emancipationi di lu patri, oy remanenti orfani per la morti di la matri, poi di la morti di alcuno di li parenti preditti intra pupillari etati oy etiam essendo maiuri morissero senza testamento, lassando figli legitimi di frati e soru di quissu medesimi matrimonio nati, casquiduno per si e per una parti, in li niputi, quanto voglia chi siano, et loco di loro patri, vegnano a la successioni loro cum quillo patri oy matri che vivo sarrà, et li altri frati e soru di l'altro matrimonio et niputi da la successioni di lu preditto defunto exclusi. Placet Domino.

24. A cui divino perveniri li beni di alcuno mortu defectu descendentium et ascendentium. Si alcuno etiam morissi in minuri etati oy in maiuri senza testamento, lu quali non avissi nè patri nè matri, nec etiam chi rumanissiru figli oy fratri oy soru, nè sianu cioè fratri di lu patri, nec etiam amita idest soru di la matri nè sianu per parti di la matri, nè primo cuxino oy cuxina, tunc digiano succediri a lu ditto defuntu li plui proximi per parti di lu patri in l'una mitati di tutta la sua substantia, et in l'altra mitati chi succedano li plui proximi parenti di la matri di lo defuntu. Placet Domino non praeiudicando la raxuni di la Curti di lo ditto signori.

25. De successione filii minoris ab intestato defuncti. Si vero uno oy alcuno figliu oy figlia in minuri oy in mayuri etati ab intestato sine liberis morissi, remanenduchi uno di li parenti cioè oy lo patri oy la matri, quillo che rimani oy patri oy sia matri digia succediri in tutto. Placet Domino.

26. De divisione bonorum iugalium inter alterum ipsorum superstitem et proximiores alterius defuncti. Si una figlia fussi nata et mortua costanti lo matrimonio, per la nativitati di la quali li beni di lu marito et muglieri si confundinu, e poi di la morti sua, a la quali lu patri e la matri suchedinu, et poi mori uno di li parenti, lu patri oy la matri senza testamento, et tando tutti li beni comuni intra loro si siano acquistati, digiano equaliter per medium partiri, di li quali l'una parti sia et digia essiri di lu patri oy matri che rimani, et l'autra mitati sia et digia essiri di lu plui proximo di lu patri oy di la matri mortu ab intestato. Placet Domino.

27. De constitucione dotarii. La fimina virgini per se oy per qualunquata alra persona dotata, li beni di lu marito a lu dotaturi per la dota e a la ditta fimina [per lu dotariu], lu quali munta a la decima parti di tutta la dota, per benchè non sia statu expressu in lu tepu che fu costruita la dota, siano e digiano essiri nihilominus tacite obligati; e lu dittu dotariu quanto a la decima parti sia ut praedicitur constitutu, lu quali dotario si digia pagari in lo tempo di la restitutioni e obligationi di li dinari contanti. Placet Domino.

28. Di la restitutioni de la dota. Item per la morti di la moglieri e soluo matrimonio, di lo quali non siano stati procreati figli, si la ditta muglieri ipsa videsimi si havissi dotata oy altra persuna per illa tantum di li beni soi li havissi dotatu, et poi ipsa mortua ab intestato, tunc la dota preditta si digia restituire a li plui proximi soi; et si vero ipsa fussi stata dotata di altra persona et non di li soi beni ma di li beni di cui la dotassi, intando la dota si digia tornari alli dotaturi oy a li loro successuri, accussi comu fussi stata sollenniter stipulata. Placet Domino.

29. Di lu tempu chi si divi turnari la dota e cum chi guadagnu di lu lettu et cum lu infrascriptu apparato, et per lo marito factis expensis funeris in persona uxoris. Consumatu matrimoniu inter iugales et premortua uxore non nati figli di lu dittu loro matrimoniu, si la ditta moglieri hagia statu virgini oy vidua, lu maritu digia aviri et consequitari lu lettu cum lo megliu apparatu, videlicet curtina, imburlachio idest busceri, copertura idest cultra, cuius defectu carpita, unu paru di linzola, li più meglio coxinelli et uno matarazo framseri; ita tamen chi lo ditto marito non repeta quillu chi spenditi in la egritudini cioè in la inifirmitati oy malatia di la ditta sua moglieri; sia tenuto secondo lu paragio farila sepellire; etiam chi la arnesia oy roba et altri cosi dati in dota, li quali su apparenti, si digiano tornari cussì comu apparino incontinente cum li beni stabili, non obstanti chi tempu assegnacione dotis fossero stati extimati. Et a la restitutione di la arnesia, la quali in lo tempo che costava lu matrimonio secundu lo arbitrio di lu iudicante si potti consumari et est iam consumata, non sia tenutu per nullo modo; di li altri beni mobili li quali non apparissiru, dedutta la quarta parte di la loro extimacioni de li ditti beni verum non apparenti post annum cum li dinari cuntanti. Placet Domino.

30. Comu la muglieri poza testari di li beni dotali et accustati, in casu non fatti figli, et in quanti parti digia consequitari et aviri di li ditti beni acquistati. Item la uglieri poza testare, non nati figli de ipsa et so marito, di li beni dotali cioè mobili fino a la terza parti inclusive de li beni mobili tantum et ad illa dati in dota, non obstanti la contradictioni di lu dotante, ecceptu che lu donaturi in lo tepu chi li promise la ditta dota altramenti si havissi convenutu, conciosiachè ad ipsu era licitu voliri mettiri li liggi chi li plachia a li soi beni et a li soi cosi. Di li cosi o beni stabili vero dotali la ditta muglieri non di poza testari, nè legare alcuna cosa; verum chi li beni aquistati per so marito et per illa tempore constantis matrimonii intra loru, la ditta mugleri digia consequitari et haviri la terza parti sulamenti, rumanendo li dui altri parti a lu marito, di la quali terza parti de li benia acquistati la ditta moglieri, ancora di tutta la sua dota in se midesimi si avissi dotatu integramenti ipsa pocza testare pro eius voluntate. Placet Domino non praeiudicando iuribus dicti domini.

31. Comu la mugleri poza di la dota data da lu extraneu, tamen de propria substantia mulieris, testari. Similier si di la sua propria substantia e soi cosi fussi dotata da unu extraneu, ipsa mulier di la ditta dota, cussi ipsa si havissi stipulatu oy si havissi ipsa videsimi dotatu, poza testari pro eius libera voluntate, non obstante la stipolationi di lo dotante, etiam si la ditta fimina havissi consentuto restituirsi a lo dotaturi in lu tempu di la promissioni oy assignationi di la ditta dota. Placet Domino non praejudicando juribus dicti domini.

32. De melioratione fundi dotalis et in putiri di cui divi remaniri. Fundus cum extimatione in dotem dato videlicet clausura seu terrenum sive domus extimata per certum praetium, quando fu dato in dota, si per aventura da poi duranti lo matrimonio per li ditti iugali admigliorassi, solutu lu dittu matrimonio per la morti di la mugleri non nati figli, rumangna et digia rumaniri in putiri di lu marito, pagato lo pretio di la extimationi: et una terza parti di la meglioratione di lu dittu fundu digia essiri di quilli a cui divi essiri restituta la dota; et si per aventura per la morti di lu maritu in dittu matrimonio sia solutu, tutta digia perveniri in putiri di la muglieri, pagando tantum dui terzi parti di la migliorazioni di lu fundu a quilli li quali succedero a lu marito. Placet Domino.

33. Quandu, et quanto parti pò domandari lu figlo morta la matri. Mortua la matre filiis factis maioribus, si lu patri convolassi ad secunda vota, oy lu flgliu pigliassi mugleri, lu ditto figlo solummodo digia haviri la parti ad ipsum contingenti per raxuni di natura, rumanendo lo patre usufruttuario in vita sua in la parti a lu ditto figlo contingenti per raxuni di la successioni materna, reservata la proprietati a li figli; tantum in casa chi lu patri fussi homo di mala vita oy malu accostumatu oy chi ipsu convolasse ad secundum matrimonium, che ipsu patri sia tenuto a dari plegeria sufficienti a li figli di conservari li beni di la terza parti, di la quali ipsu è usufruttuario ut supra, e di usarili ad arbitrium boni viri; altramente non prestando fideiussione di li detti beni, li digia haviri lu figliu, dandu lo figlu preditto pleggeria, che dedutti li spisi supra li frutti e renditi di li ditti beni digia dari quilla parti a lo patri in vita sua per lo usufruttu di li ditti beni. Et la figlia fatta di maritu, cioè atta di maritarsi e prindiri maritu, idest di dece et octo anni compliti, si lu patri non la voli maritari oy prolongirà di maritari, si succidissi ai contingissi ipsa figlia essiri maritata cum consensu di li soi parenti per parti di sua matri, et chi siano chinque di li più meglo, poza issa figlia dimandari la parti sua ad ipsa contingenti, tantum per raxuni di natura, quanto li beni ad ipsa figlia pertinenti per raxuni di successioni di la matri. Placet Domino.

34. In che casu li figli su fatti emancipati et sui iuris, et in che casi ponno testari. Lu figlo di famiglia maiuri di dece et octo anni si ipsu prindirà mugleri, sia emancipatu, e digia esseri havutu per emancipatu, et chi poza di li soi beni ricevuti o promisi di lu patri testari et contrahiri e farindi ipso figlo tutto so voliri, et cussì videsmi si digia observari di la figlia spusata, idest ducta ad domum mariti. Sia licitu etiam a li figli masculi et fimmini per benchì siano costituti subta la potestati di lu patri, mayuri tantum d'anni dece et octo in lo fini loro, di li beni li quali ad ipsi pervenniru per successioni dì la matri, testarindi intanto chi lo ditto figlu per raxuni di lu so testamentu recanuscendu lo patri in alcuna cosa. Placet Domino.

35. Quando lu patri oy la matri cum sua terza passa ad secundum matrimonium, como li figli di lo primo et secundo matrimonio succedano in la terza parti ab intestato. Lo marito premortua la mugleri, oy la mugleri havendu mortu lu marito, liberamenti poza passari ad secundum matrimonium cum sua terza, e nati figli di lo predittu maritu, si digiano fari unu corpu; lu quali maritu, oy mugleri mortu ab intestatu, tutti quilli beni, cioè di lu secunda matrimoniu si digiano partiri in tri parti, di li quali beni una tercia parti digia esseri di lu marito oy la mugleri superviventi, e l'altra terza parti di li figli di lo secundo matrimonio predittu, e l'altra terza parti la quali era di lo patri oy matri premortua ab intestatu, tanta li figli di lo primo, quantu di lo secundu matrimonio succedino e digiano saccediri per testa. Placet Domino.

36. Di li subvenzioni chi si divinu fari per li figli allu patri e matri. Lu patri e la matri poveri e agravati di paupertati et per bisogno, secundu la summaria provisioni di la curti di la ditta terra, di la subtsancia di li figli si digiano nutricari e alienari; e si per avenura contingissi seu scadissi lu patri e matri essiri pigliati di inimichi, che ipsi figli li digianu recaptari, di modo chi lu patri oy la matri vaynu ad habitari a la casa di lu figlu solutu et cum ipso staia e habita, ecceptu chi lu patri si poza campari e viviri con la sua arti, et per sua negligentia non ha voluto nè voli fatigari. Insuper si lu patri fussi destruduturi di la sua substantia et per sua culpa hagia venuto ad paupertati e bisogno, che tandu lu figlu non sia tenuto alimentarilu eccepto quanto ipsu figliu volissi di sua bona consciencia. Placet Domino.

37. Per quali et quanta parti di la hereditati li heredi instituti digiano essiri contenti. Lu heredi extraneo, oy suo d'alcuno istituto digia essiri e sia contentu per quilla parti supra la quali esti institutu, nulla Falcidia ab eo exrahenda vel aliquatenus exigenda, e si lo ditto heredi non vorrà adiri et prendiri la hereditati preditta, lu testamento vaglia sicomu la hereditati fossi per illu adita e prisa. Placet Domino non praeiudicando juribus dicti domini.

38. Di la divisioni di li beni patrimoniali. Lo patri e la matri, frati, figli e niputi volenti partiri li beni loro patrimoniali, si la matri servirà viduitati, cum li figli voglia partiri, si digiano hinc inde, idest ab utraque parte alligiri boni persuni et per sei viri et per loro si fazano li parti, partendosi per sorte inrto la matri et li figli; et si per avventura la matri innanti chi partissi cum li figli convolassi ad secundum matrimonium, et poi ipsa domandassi fari la divisioni preditta cum li figli, ipsa matri sia tenuta fari la parti, et li figli verum hagianu electioni standi, cioè per loro gradu di pigliari; et fatta la ditta divisioni cum la matri li ditti frati et soro volenti partiri intro di loro, tunc la divisioni si digia fari per lo mayuri natu, oy per cui fussi per sua parti, li minuri vero hagiano electioni di pigliari ut supra. Placet Domino.

39 Chi cosa digia fari la matri di li beni di li figli minuri, mortu lu patri. Item che la matri morto lu maritu, e rumanendu li figli minuri, sia tenuta et digia incontinenti fari inventario di li cosi et beni di li pupilli per manu di notario pubblico; et si ipsa matri volissi convolari et contrahiri secundu matrimoniu, prius et ante omnia anti chi piglia lu marito digia domandari chi si dugna tuturi a li figli, a lo quali tuturi ipsa matri digia rendiri raxuni di la administrationi di sua tutela, idest da quando li fu mortu lu maritu, et tutti li reliquii digia restituiri, e in Dei nomine poza pigliari lo marito, altrimenti caya et digia cadiri di la successione di li figli. Placet Domino.

40. D'undi si divunu pagari li debiti contratti in lo tempo di lo primo et secundo oy plui matrimonio intru l'unu e l'autru. Li debiti che apparissiro essiri contratti per lu marito et la muglieri costandu lu matrimoniu, digiano pagarisi li beni comuni di lu patri, matri e figli, si per aventura li debiti seriano contratti per lo marito sulamenti si digianu pagari di li beni comuni mobili di lu maritu et mugleri, ecceptu in la causa di imprestitu oy plegiria contratti fatti per lo maritu solamenti, in li quali causi la parti di lu marito solummodo sia obligata. Li debiti vero contratti et fatti in lo tempu di lu secundu matrimoniu per li ditti jugali di la terza di lo maritu, la quali cu li ditti figli nati di lu secundu matrimoniu est confusa, et di li beni comuni di lu dittu matrimoniu si digiano pagari; si vero per lu maritu solummodo modo quo supra exsolvantur. Li debiti vero li quali rationabiliter apparissiro essiri contratti in lo meczu tempo intro lu primu et secundu matrimoniu, oy per aumentari et riparari la comuni substantia si digianu pagari di li beni comuni intro lu marito e la mugleri e li figli remanenti di lo primo matrimonio; et si per avventura da quillo matrimoniu non ndi fussiro nati figli, si digiano pagari di li beni acquistati. Et si lu maritu fussi homu di bona via e di bona administrationi, et costanti lu matrimonio ipso marito havissi contrattu debiti, tandu si digiano pagari per li dui terzi di lu marito supra li beni di lu maritu e la terza parti supra li beni di la mugleri. Placet Domino.

41. Di li soluptioni chi si divinu fari per li tabernari, et li peni loro. Li tabernari non poczanu altra butti di vino vindiri, nisi primo satisfazano a li patruni di la butti vinduta et chi poczano esseri carcerati pro debito vini venditi, quantunqui li reliqui fussinu oy in modica, oy in minima quantitati. Placet Domino, iubente seu moderante Gubernatore seu Capitanio.

42. Delli allocazioni di li apotii, casi, taberni, magazeni et predii et altri rustichi. La casa locata per habitacioni per lu condutturi et da locaturi pignorata per titulum locationis infra lu tempu constitutu di lu dittu condutturi, per lu patruni oy locaturi non si pocza livari duranti lu tempu di la locationi, praeterquam in li casi infrascritti, videlicet si la ditta casa fussi necessaria a lu patruni per sua abitationi, oy la vulissi impignari, oy vindiri, oy dari in dota, di li quali necessitati si starrà a lu sacramento di lu patruni, et nisi la locationi sia non ad modicum tempus, idest ad quinquennio et ultra, cioè cinqui anni ultra, oy in dui casi di li ditti tri casi, videlicet in causa pignoris et venditionis, in li quali casi lu inquilino et habitaturi sia apparicchiatu di fari a lu patruni contratto, comu lu ha fatto quillo che non è inquilinu. Tamen si lu inquilino ha lu so vinu inclusu in la casa preditta eo casu hagia terminu condicenti ad arbitrium di lu iudicanti per levari lu vinu predittu in la ditta casa. Placet Domino.

43. Etiam permissu a lu conducturi chi in simili casi, videlicet si accaptassi casa, ndi havissi in dota oy in pignu, oy per donacioni ci per legatu chi fussi lassata, ndi pigliassi ad in censu, dummodo chi juri chi non lu fazza in fraudi di lu lucaturi, pocza in li ditti casi renunciari la ditta casa infra lu constitutu tempu di la locationi allu patruni. Et quistu midesmi si osserva in li apotighi locati ad annu per exercitium di alcunu ministeriu, dummodo chi lu ditto condutturi per quindici iorni innanti chi si exa di la casa lo notifica a lu patruni di la casa, oy apotiga preditta, a tal chi cerca a cui la locassi; di li quali quindici jorni lu dittu inquilinu allu patruni di la casa sia tenutu pagari lu prezzo. Si veru in conducturi infra lu tempu di la ditta locazioni si volissi partiri, et allocari la ditta casa ad altra persuna aeque idonia et a quillu midesmi usu per lu tempu restanti di la sua locazioni, data la licencia a li patruni di eligiri lu pagaturi, in prima oy in secundu condutturi oy entrambu per lu dittu tempu restanti di la ditta locationi, lu dittu patruni oy locaturi de necessario sia costrittu consentirici. Ita quod lu novu inquilinu digia recanusciri in lucaturi per patruni, vel si non volissi consentiri lu patruni, digia recipiri da lu inquilinu pro ratha temporis, et la ditta casa oy potiga digia remaniri alli patruni. Placet Domino. Et chi li taberni necnon magazeni locati ad annu, infra lu tempu di la locationi per lu condutturi oy locaturi chi non si po renunzare nè livare. Item di li magazeni et casi locati ad misi, si per un misi taxatu sulamenti et non plui fussi fatta la locazioni, finitu lu dittu misi la casa digia tornari allu patruni, chi l'inquilinu sia tenutu ad pagari la pensioni di quillu misi sulamenti allu patruni; et si per avventura la locationi fussi fatta ad raxuni di misi oy comu è dittu di supra, et lu inquilinu tenissi la ditta casa oy magazini per dui giorni di lu sequenti misi, che sia tenutu ad pagari la pensioni di lo misi complito et di lo sequenti misi. Si vero fussi fatta la locationi ad raxuni di misi ut supra, et lu dittu inquilinu infra lu misi non renunziassi, chi sia tenutu di pagari la pensioni di tuttu lo misi sequenti. Placet Domino.

44. Di pigliari lu pignu di lu inquilinu sine licentia Curiae. L'autoritati sia data sempri allu lucaturi per virtuti dilla prisenti consuetudini in omni locationi di li preditti beni, chi quotiescumque serrà necessario expedienti lu patruni poza pigliari pignu, cum licencia et mandato Capitanei, di lu inquilinu oy habitaturi di la sua casa, non dimandandu licencia di Curti; et si forte lu inquilinu non si lassassi pigliari lo pigno di la patruni, ipso fatto sia tenuto a lo Baglio et allo Iudici ad pena di tarì uno, lu quali si divi applicari a la cassa di l'Universitati, di la quali contradictioni oy impatientia di lo inquilinu di non si lassari spignari, si digia stari allu sacramentu di lu patruni; et chi per lu lueri di la casa, potiga oy magazeni oy taberni, si pocza pigliari per pigno la robba di lo letto, in difettu di altri beni. Placet Domino quod fiat executio cum licentia et mandato Gubernatoris seu Capitanei, et quod poena tt.1 dividatur inter Bajulum et Iudicem.

45. Chi sia licitu allu patruni licenziari lu servituri. Sia lecitu allu patruni licenziari alla servituri conductu ad annu oy ad misi tantum per accasuni legitima, e si starrà allu sacramentu di lu patruni, satisfattu nihilominus allu servituri per quillu che servio. Placet Domino quod stetur juramento patroni, et e converso stetur juramento servitoris nolentis amplius servire ex legitima causa.

46. Chi la persuna non si parti infra lu tempu di la locazioni et servitii di lu lucaturi. E si per avventura la persona locata infra lo tempu di la locacioni non havendu licentia di lu locaturi si partissi di li servizii, sia tenutu ad restituiri a lu patruni tuttu quillo che illo ha avutu per li soi soldi, eccettu calciamentu et vidanda. Et si vero lu patruni infra lo tempu di la locationi lu licentiassi , sia licitu licintiarilu probata causa ut supra, pagati primu ad ipsu li soldi per lu tempu che ha servutu, ut in la superiori proxima consuetudini si diclara. Placet Domino dummodo servitor non probabit causam legitimam sui recessus.

47. Quando è licitu allu condutturi renunciari li lavuri oy seminati oy maisi allu patruni di li predij. Chi sia licitu allu condutturi di li terri di li burgisi in li quali hagia fattu maysi oy seminati lavuri, renuniarili alli patruni di li ditti terri dummodo chi li ditti maisi li renunzia per tuttu lo misi di novembru et li lavuri in lo tempu di li mietiri di li convicini, ecceptu che la locacioni sia fatta in gabella di la quali si digia stari alli patti e convenii fatti intro di loro; et ita demum lu condutturi sia tenuto di renunciari li seminai, che chi li renuncii in tuttu allu patruni, non sia tenutu renuniarindi una peza, et l'alra non, et per parti renunziari et in pari ricogliri; tamen si forte condutturi recipissi li terri a fari maisi, chi li pocza renunziari per tutto lo misi di marzo di quell'anno. Placet Domino. Et lu condutturi oy locaturi oy gabellotu di li terri primo et ante che illu recipa alcuna cosa di lu vittuvaglio, sia tenutu e digia denunciari allu patruni di li terri per unu jorno innani, che ipsi vayano oy mandanu per lu loru terraggiu, decima oy gabella; et si li patruni di li terri non si curassino di andari oy mandari per recipirisi li raxuni loru di li vittuvagli predii, chi lu condutturi oy gabellotu pocza misurari tuttu lo formentu oy vittuvagli innanti testimoni et in la aera, lassandu tutta la raxuni di lu terraggiu, decima oy gabella ad opu di li patruni di li terri preditti; e si lu dittu condutturi non requidissi lu patruni ut supra, lu dittu condutturi sia tenuto di pagari la raxuni di lu terraggiu, oy decima, secundo la piò meglio rendita di li convicini, et nihilominus per raxuni d'obedientia ipsu condutturi sia tenuto ad pena di tt. 7.10, li quali si digianu pagari a la Curti di li Jurati; li quali Jurati sianu tenuti et digianu haviri cura di fari satisfari alli patruni di li detti terri di li loru decimi oy terraggi in li gabelli. Et si lu gabillotu non satisfacissi a lu patruni di li terri comu è dittu di supra, chi illi mandanu per pigliarisi li raxuni di la loru gabella, chi intando li patruni di li terri hagiano elecioni di pigliarisi de lu plui meglu frumentu di la terra di Linguagrossa portatu ad illi ad spisi di lu gabellotu, o farisi pagari lu mayuri pretium frumenti et in quistu su li gabilloti sianu exempti di la ditta pena. Placet Domino.

48. Di la alienazioni et obbligationi di beni di li minuri. Esistendo iusta necessitati per la quali li beni di lu minuri si digiano essiri obbligai oy alienai, et canuscendu la Curti summariamenti la ditta causa di necessitati, si poczanu li cosi di lu minuri cum decreto di la Curti esseri obbligai oy alienai, et non si digia damai retrattari; tantum cum subhastationi e cioè bannizioni per quindici jorni continui di la alienationi di li ditti cosi, et nihilominus li parenti di lu cognomu midesimi di quillu di cui su li ditti cosi in qualunquato grado, sia preferutu et digia preferiri allu accptaturi stranu per quillo midesimi pretiu; lu parenti chi non sia di quillu cognomu usque ad quartum gradu sia admisu. Placet Domino.

49. Di li dibattiti et contenzioni chi pono essiri intro lo locaturi et conducturi di li locazioni di omni predio. Si di quantitate di lo pretiu di locationi di lu predio di fora di la terra oy intro la terra, oy di la locatione di li operi e di li soluptione et paga di lu affannu di alcunu sia fatta contentioni et dibattitu intro lu lucaturi e patruni, per difetto di probationi si non nei fussiru tertii, per fini ad quindici tarì inclusive si digia allu sacramentu di lu patruni per fina ad una unzia digia bastari et sia bastanti lu juramentu di lu patruni et di unu idoneu testimonio, dummodo che la persuna che alluga et lu patruni non si pocza arguiri et dirisi essiri di legia et mala conscientia, et de la sententia preditta prolata non si digia audiri appellationi, nè provocazioni per nulla via, nè si poza diri la ditta sententia essiri nulla. Placet Domino.

50. Chi si divi fari di la possessioni la quali l'una parti et l'altra contendinu possediri, di li loru frutti, et di la pronunciationi di la megliu raxuni ad unu di quisti competenti. Si la possessioni di lu fundu idest domus, vinea, terra et similia lu quali fundu dui oy multi dicino possediri, si si fa la domanda di pagari tutto lo terraggio, gabella oy loeri digia veniri a li manu de la Curti, cognito summarie Curiae per sacramentum di lu gabellotu o ortulanu oy per altri legitimi probationi, senza capituli et senza terminu di curti, la Curti di lu so officio digia comandari chi per la possessioni preditta la raxuni di la gabella oy loeri oy terraggio sia pagata a quellu chi serrà plui forti in la raxuni e redutta la possessioni a chillu chi serrà plui forti in la raxuni. Duranti lu canuscimentu di la causa, li gabelloti et ortulani non siano molestati ad pagari si sufficienti fussiro, e si sufficienti non fussiru digianu esseri sequesrati oy depositati in potiri di tertia persona. Placet Domino.

51. Di esseri duplicata la caparra et pena di li mercenarii. Tutti quilli chi si locano li operi di loru persuni oy ad jornata, simana oy ad misi, ac etiam ad saglata et hannu piglato caparra, si per avventura non andiranno a lu tempu ordinatu et statutu alli servitii di lu patruni oy locaturi, digiano duplicari la caparra a li patruni et sianu tenuti a li Iurati ad pena di uno tarì; et di la quantitati di la caparra sino ad uno florinu, et di lu tempu ordinato ac di lu defectu di lu servituri non complenti la promissioni si digia stari allu sacramentu. di lu patruni oy condutturi, dummodo chi non si pocza respondiri oy dicissi alcunu cosa contra lu condutturi, di la sua veritati, idest chi fussi di mala conscientia et mala fama, ancorchì si ipsu lucaturi infra lu tempu di la locationi havissi andatu a lu servitiu di lu patruni et per contrattu ipsu di serviri lu patruni sia tenutu. Placet Domino quod poena unius tareni sit medietas bajulorum et medietas Iudicum.

52. Di la raxuni di li protimisi a cui competa. La raxuni di li protimisi completa a li citatini oy habitaturi di la terra di Linguagrossa, et non ad altri, tanto per raxuni di consanguinitati, quanto per raxuni contiguitati di loco, et pagatu primu lu preziu et li spisi necessarii fatti in lo accattaturi di li cosi venduti legitimamente, non audendo appellationi nè nullitati, et via gravamins in suo robore permansura, idest che per via gravaminis sia audito. Placet Domino. Tutti quilli, chi venino ad raxuni di protomisi iure sanguinis siano admisi usque ad infinitum pro pare delli discendenti e ascendenti et collaterali, et chi li agnati si digiano preferiri idest anteponeri alli cognati, per benchi sianu in plui remotu gradu et ipsi cognati sianu plui proximi in gradu, exceptuati però li fratri, soru e primi cusini, tantu masculi quantu femini, li quali si digianu preferiri a li cugnati. Placet Domino.

53. Infra chi tempu competa la raxuni di protomisi. La cosa stabili venduta oy in solutum data oy ex causa judicata, di lu jornu che est fatta la cautioni oy contrattu completa la raxuni di lu protomisi infra uno anno et uno misi, una simana et uno iorno, dummodo che di quissa cosa vinduta lu accattaturi ndi hagia havuto la corporali possessioni. Et si vero lu accattaturi di quissa cosa, poichè serrà citato, ipsu eligirà voliri haviri lu pretiu, chi infra tri iorni allu ditto accattaturi digia essiri pagato lu ditto preziu cum li spisi taxati integraliter, alias lu recattaturi caya di sua raxuni e non pocza recuperari. Placet Domino. Lu parenti in alcuno di li sopra ditti gradi costitutu haventi raxuni di protomisi iure sanguinis et contiguitati di locu si digia preferiri et antemettiri in la recuperatione allu altru parenti di uno medesimi gradu, etiam si lo parenti di lo medesimi gradu sia propriu lu accattaturi di la cosa stabili vinduta, e non hagia alcuna contiguitati di loco comu, lu altru parenti. Placet Domino.

54. Di li haventi raxuni di protomisi oy contiguitati di locu. Tutti quilli che hanno li predii tanto in la terra, quanto di fora, li quali per omni modo si toccanu oy essendu introitu vicinali, et dicanu ipsi haviri raxuni di protomisi, si per avventura sarrà alienatu lu predio in lo dittu introytu vicinali, quillu che possiedi pro indivisu in tutto o in parti primo, et appressu quillu che est plui contiguu ano allo accaptaturi, quanto allu recuperaturi si digia preferiri. Placet Domino.

55. Chi cosa si divi fari di la cosa vinduta ad uno extraneu ad dui oy multi concurrenti haviri raxuni prothimisi ad quissa cosa venduta. Si lu prediu rustico oy urbanu serrà vendutu, in lu quale dui oy plui parenti di uno medesmi gradu existenti, oy vicini haventi raxuni di prothomisi quantunque ipsi comparanu infra lu tempu supra declaratu, digianu essiri admisi in la ditta recuperationi equalamenti. Placet Domino.

56. Chi la cosa recuperata per raxuni di protimisi per la ricuperationi, infra dui anni non si pò alienari, nisi pro iusta et probata raxuni. La cosa recuperata per raxuni di protomisi non si pocza alienari per lu recuperaturi infra dui anni, nisi pro iusta e legitima accaxuni, la quali si digia probari; e si la ditta cosa fussi alienata, si la ditta alienationi irrita et annullata e prima chissa sia reconsignata allu accattaturi, la quali alienacioni si digia probari summarie per testimoni oy per scriptura oy per actu oy per contratti di la ditta alienationi. Placet Domino.

57. In chi casi li predii non si ponnu diri contigui. Li predii non si dicanu essiri contigui intra li quali ne'est via pubblica in meczu oy nei passa et discurri continue lu fiumi.

58. Di quilli chi non hannu raxuni di protomisi. Li ecclesii et monasterii in la raxuni di prothimisi non sianu nullatenus admisi; lu baruni vero di lu loco sia admissu et digiasi preferiri ad tutti li altri parenti, ecceptu alli fratri, soru patri e matri, avi et proavi, neputi et proniputi, et a li primi et secundi cugini, li quali su in quartu gradu. Placet Donino.

59. Che la raxuni di protomisi competa in li beni stabili cum beni mobili cum iunta et senza iunta. Si la cosa stabili cum la cosa etiam stabili senza iunta serrà permutata, non pocza essiri recuperata; si vero cum alcuno precio avutu fussi fattu lu cangiu, si poza recuperari, fatta la extimationi di la ditta cosa stabili permutata. Et si la cosa stabili fussi permutata cum la cosa mobili, quissa cosa stabili pocza essere recuperata fatta la extimationi di la ditta cosa mobili permutata. Placet Domino.

60. Li contratti fatti in fraudi di quilli chi hannu raxuni di protomisi. Si lu prediu rustico oy urbano cioè intra la terra, oy di fora fussi vinduto in parti, et in parti fussi donato, sia licitu a quillo chi ha raxuni di protomisi potirlo recuperari da quello donatario accattaturi, cioè di quello chi in parti ha accattato et in parti chi est donatu; pagatu primo per quellu che vorrà recuperari, lu prediu di la estima di lu dittu prediu, lo quali si digia fari extimari per la Curti. Placet Domino.

61. Di la presentationi di li dinari et probationi di lo pretiu di la cosa venduta. Lo haventi raxuni di protomisi et volenti recuperari lo prediu vendutu, digia lo preciu di la cosa venduta offeriri, et presentarilo a la Curti, citato primo lo accattaturi; et si lo accattaturi ricusiria recipirisi lo dittu preziu, si digia questo per la Curti deponiri et depositare in potiri di una terza persona. Et si lu dittu accattaturi vorrà quistu pretiu pigliarisi, si digia ad issu resignari infra tri iorni ut supra, altrimenti lu dittu recuperaturi non sia audutu, et caya di sua raxuni ipso facto; et quandu fussi contentioni et alteracioni intro lo accattaturi et quillu chi voli recuperari di lu pretio di la venditioni, in difectu d'altri probacioni si digia stari a lo sacramentu di l miseru vendituri. Placet Domino.

62. Chi si digia fari di li frutti, renditi et arbori di la cosa venduta. Si lu predittu rusticu oy urbanu sia alienatu, non sia licitu allu accattaturi infra lu tempu infra lu quali competi la raxuni di lo protimisi, levarindi nè pigliarindi di lu dittu prediu nenti, nè tagliarindi arbori, nisi tamen recoglirisi e pigliarisi li frutti, loeri e renditi in lu tempu debitu; et si per avventura lu dittu accattaturi alcuna cosa, eccepto li preditti, ipsu ni estraissi oy pigliassi, sia tenutu allu recuperaturi ad emenda tantu di li arbori, quanto di li altri beni pigliati di illà secundu la extimationi fatta per lu sacramentu di lu recuperaturi. Placet Domino.

63. Chi la raxuni di lo protomisi competa a li cittadini ex quocumque contratto. La raxuni di lo protomisi competa alli habitaturi di la ditta Terra ut supra per omni contrattu, per lo quali sia trasferutu l'utili oy direttu dominio; etiam in lu contrattu pignorationis et locationis quistu sia declaratu chi fattu lo contrattu di la locacioni oy pignoracione, statim per tri integri jorni et continui si digia gittari lu bandu, lu quali bandu si digia scriviri in li atti di la Curti di lu Capitaniu, et da poi da illà a jorni quindici la raxuni di lo protomisi competa in li predii locati et pignorati a quillu chi voli ricuperari, li quali quindici jorni passati, non digia essiri audutu; tamen in quisto casu non si nci intenda lu cuntrattu di permutationi di la cosa stabili a cosa stabili ut supra, et contrattu di donationi, etiam chiascquiduna ultima voluntati et omini legatu, in li quali permutacioni, donacione et ultima voluntati et legatu non competa la raxuni di lo prothomisi ad alcuno. Placet Domino.

64. Di la venditioni delli beni dilli morti, et carcerati per la loro liberationi e recattito. Li beni di li morti et defunti per executioni di la loro ultima voluntati et li beni di li imprixunati et carcerati pella loro liberacioni vinduti, dummodo chi pir tri jorni continui innanti chi si vindano si bandiano cum addizioni di quindici jorni ad minus, allu ultimu accattaturi et a quillu chi plui nei dirrà digianu rumaniri, exclusi omnino tutti quilli che hannu raxuni di prothomisi, cioè non poczanu recuperari. Placet Domino.

65. Chi non sia li partiri di la venditioni oy permutationi fatti in fraudem di quelli che hannu raxuni di prothomisi. Si vero alcuno la sua cosa stabili vendirà oy permuterà cum alcunu, poi fatta la ditta accattationi oy permutationi, li ditti contraenti non poczano, nè digianu partirisi et movirisi di li contratti, patti fatti nè alcuno di quisti patti, in fraudi di quillu che ha raxuni di prothomisi, et si ipsu lo fachissi li ditti cosi accattati oy permutati a quillu che li domandassi per raxuni di prothomisi, officio iudicis summarie et ex abrupto sine strepitu iudici, per la Curti si digianu assignari, pagatu lo pretio per lo dittu recaptaturi a quillu che lu divi recipiri, facta prius la extimationi per la Curti. Placet Domino.

66. Comu e per chi modu alcunu si fa citadino, e chi pò cadiri da la civilitati. Li citadini autem in la terra preditta siano ditti et havuti per citadini tantu in raxuni di doana, quantu in la immunitati et carichi di la ditta terra, li quali per anno, misi, simana e jornu cum la loru muglieri e famigla habitassero in la ditta terra, dummodu chi non gaudano, nè usano altra civilitati; et si partissiro, et ad altra parti cum la famiglia per tantu spaciu di tempo, come est dictu di supra, stassiru, digiano esseri exuti di la ditta civilitati. Placet Domino quod cives fiant ad voluntatem dicti domini.

67. De teste in falso deprehenso. Chi sia licitu alli Jurati oy Judici di la ditta Terra lo testimoniu prisu in falsu per la Curti, ac etiam producendosi vinctu a la Curti di lu Capitanio mandarilo prixuni in potiri di lu Capitaneo. Placet quod testis repertus falsus et periurus in omnia bajulatus civilium remittatur in posse Gubernatoris vel Capitanei.

68. Chi si divi observari per li servituti. Si scadissi essiri quistioni alcuna di servituti, grundali, cursii di acqua, oy condutti di acqua, pareti, acqui chiuvani, esiti et introiti, et di tutti li altri servituti per qualunquatu modu si dica, la Curti di la ditta Terra digia andari a lu locu, et summarie et senza figura di judiciu tantum per visioni di li occhi e quanto per testimoni, li quali si digiano recipiri, la ditta causa supra lu locu oy in la Curti senza dubio la digia terminari, non admissa appellationi nè nullitati, rumanendu via gravaminis possit iterum videri causa preditta. Placet Domino.

69. Chi sia licitu a tutti supra lu curtiglu privatu et haventi communitati fari finestri et altri aperturi. Si per aventura dui persuni oy plui hagianu loro casi terrani oy solerati, et incostu li ditti casi nei sia alcunu curtiglu communi privato intro di loru, chi sia licitu ad tucti quilli chi hannu comunitati in lu dittu cortiglu farici fari porti, finestri ed altri qualsivoglia aperturi, li quali corrispandanu et guardanu allu dittu curtiglo comuni privatu secundu lu loru vidiri; et quista midesmi raxuni et potestati si digia observari in li vanelli, li quali siano comuni intro di loru, in li quali vanelli vannu et discurrinu, non ostanti li ditti porti, fenestri, sagittalori et altri aperturi non siano stati fatti da la tempu antiquatu in li ditti casi. Placet Domino.

70. Chi non sia licito ad nullo fari finestra oy apertura in la parti propria oy comuni, in la quali chi sia contiguitati allu curtiglu privatu oy comuni di altrui, eccettu che hagia in lu dittu curtiglu oy porta oy apertura. Item si alcuno havissi la sua casa contigua. et confinanti cum alcuno cortiglu privatu di altrui, chi sia contiguu et vicino, lu quali cortiglio non hagia alcuna communitati, et volissi la detta sua casa muntari in alto, chi ipso non poza, né digia fari in la parti sive muro di la ditta casa finestri, per li quali ipso potissi vidiri e guardari a lo cortiglu predittu; ma si non putissi abitari in li ditti casi, eo quia fussiru oscuri, et volissi haviri luci per la banda di quello muro, sia licitu a lu ditto patruni di la casa fari in lo ditto muro proprio oy comuni sayttalori, oy tali aperturi, li quali siano ampli uno palmo et menzu, e di longizza di palmi quattro, in menzu a li quali sayttalori si digia mettiri una virga di ferro, per la quali non poza haviri prospetto et guardari intro lo cortiglio comuni oy privato contiguo oy vicino, ma sulamenti ndi hagia la luchi, e che dija fari li sayttalori tanti alti di lu solaru oy di lu solu di la casa, a li quali nullu nei poza muntari per dechi palmi; observata tamen la licencia di lo patruni di lo dittu cortiglu privatu, si per avventura ipsu volissi edificari in lo dittu cortiglo privato casa, intanto chi volissi accostari a lo muro di chi su fatti li sagittalori, che illu lo poza fare, cioè accostarisi allo ditto muro, e chiudiri li ditti finestri et aperturi; et si quillu chi havissi fatto li ditti aperturi non li volissi lassari chiudiri, chi eo casu sia costrittu summarie et ex abrupto officio iudicis a chiudiri, remota omni appellationi et nullitati, via tamen gravaminis in suo rotore permanente ut supra. Placet Domino.

71. De comunicari li mura undi non sia anticamenti fatta finestra oy apertura cum li vicini, li quali hanno loro predii contigui alli mura. Si alcuno volissi fari una casa oy edificiu incosto la casa oy edifitiu di alcuno et per plui megliu edificacioni di la sua casa oy edificiu vulissi haviri la comunitati in lo edificiu di lo ditto vicino, chi eo casu sia costrittu lo vicino preditto officio iudicis a communicari lu dittu edifitiu oy muro so proprio, dummodo chi in quistu muru propriu non appara antiquamenti edificata porta oy finestra, pagata primo a la patruni di lo ditto muro oy edifitio la mitati di la extimationi di lo ditto suo muro; et si li mura di la casa di lu dittu muru oy edificiu, lu quali si domanda essiri comunicatu, non sia di quilla fermiza, la quali pocza sustiniri li carrichi d'intrambu li casi, chi eo casu quillo chi domanda la comunicacioni sia tenuto lo ditto muro redificari de novo a soi spisi per tali modo che substenga intrambo li carichi; et si per avventura lu muro fussi extimato plui che muntassi la ditta reedificationi, ipsu sia tinutu de suo proprio edificarlo; sin autem minus, che lu restu si digia reservari et dari allu patruni di lu muru. Placet Domino.

72. Chi nixunu digia fari nè edificari privati idest cloachi in li mura comuni. Item per evitari ruina di li cloachi et servari l'integritati di li mura, ordinamo che non si digianu fari, nè edificari cloachi privati in li mura comuni. Placet Donino.

73. Chi nullu digia fari li mignani chi passanu li mura di li casi supra li lochi pubblici, nè etiam li pennati. Per imbelliri la Terra nostra, pruvidemo che li mignani li quali passanu li mura di li casi supra di li lochi pubblici, nullo li digia fare nè edificari, e che li mignani ora su fatti, li quali si distrudinu per alcuna accasuni, non si digiano refari, nè etiam li pennati si digianu fari in li vii pubblici, ecceptu che lu muro di la casa in lu quali tali impinnati si domandassi fari et edificari sia ad minus di altitudini di palmi quatuordeci, mittendu pena a li mastri construenti li mignani oy impinnati contra la forma di la presenti consuetadini di una uncza, la quali si digia pagari la mitati a lu Capitanio et l'altra mitati a li Iudici di la dicta Terra. Placet Donino.

74. Chi nixunu cittadino oy furisteri pocza intrari in li vigni di lo territorio di la ditta terra nè a piedi nè a cavallo. Item chi nullu citadino oy abitaturi di la ditta Terra, oy furisteri, etiam poi jectato lu bandu, lu ditto straneri essendo in la ditta Terra oy standoci per uno misi, pocza, nè ausa intrare in li vigni di lu territorio di la ditta Terra nè a piedi, nè a cavallu, nè per accaxuni di cacciari nè di fari erba et quisto non di facendo notitia a lu patruni di li vigni sub pena contenta et declarata in l'altra consuetudini, la quali pena si digia pagari a la Curti di li Judici seu Jurati tarì unu. Placet Donino et quod poena unius tareni sit Judicum cìvilium et dividatur dicta poena cum Bajulo.

75. Di non putirì mettiri tendi innanzi li putighi. Chi non sia licitu alli mercanti, artisagli, apotigari et altri personi chi tengano potighi, teniri, nè mettiri tendi in li ditti apotighi ultra li charamiti di li pennati di li ditti putighi, e chi pri regiri la ditta tenda non ci mettano ligna nè canni, sub pena di uno tarì, lu quali si digia pagare a la Curti di li Jurati; ma la ditta tenda si appenda in li ligna, oy in charamiti di li ditti impinnati. Placet Domino et quod poena praedicta dividatur cum Bajulo.

76. Comu si divi tirari la lignami cum li boi intro la Terra. Si alcuno vorrà tirari ligna cum li boi intro la Terra, divi incontinenti che trasi la porta di la Terra giri innanti li boi, et tirarisi li boi appresso ligati cum la corda perfino ad quillu locu in lo quali divinu scarricari, et rumanirici li ditti ligna, et si ipsu ndi fachissi la cuntrariu, chi sia tenuta ad pena di tarì cinqui, li quali si digianu pagari metati alla Capitaneo et metati alli Jurati. Placet Domino.

77. Che una vili e trista femina non digia stari a lo convicinu di li onesti persuni. La femina che si abraza cum alcuno, et committi oy tratta ruffianissiu, oy chi sia brigatrichi et amica per consuetudini ultra dui volti, tanto si sta in la casa sua oy via pubblica, oy habitassi in la casa di alcunu di lu convicinu di li ditti onesti persuni et fimini, penitus sia cacciata et privata di li ditti casi; siano bastanti dui idonei testimonij, etiam si li ditti testimonij deponissiru singolari. Placet Domino constito prius de veritate coram Capitaneo.

78. Di provari la parentela. La parintela et genilogia in li ascendenti et descendenti et collaterali a probarisi sia bastanti et basta provari la tenuta vocationi et tractacioni tantum, et chi a probari la detta genilogia etiam siano adimisi li parenti per testimonii. Placet Domino.

79. De poena vini. Item chi non sia nexuna persuna chi digia trasiri vinu in la detta terra et territorio di Linguagrossa sub pena di unzi quattro, la terza parti ndi hagia lu Capitanio, la terza di lu Iudici et la terza lu gabillotu di lo vino; eccetto chi non fussi causa necessìtatis, tamen digia intrari cum licentia di li ditti officiali, verum chi li burgisi di la ditta terra ndi poczanu intrari di loro vigni mustu fino ad Santo Martino. Placet Domino quod poena sit applicata Gubernatori et gabelloto.

80. Chi omni persuna innanti chi metta ad vindiri vino a minuto digia incapunari lu capuni di la butti, et como incomencza ad vindiri lu vino non pocza mutari lu prezzu, et chi lu gabelloto li digia fari bonu lu so biviri et non digia pagari gabella. Item chi omni persona innanti chi metta a vindiri vino a minuto, digia incapunari lu capuni di la butti, et si per aventura vindendu si truvassi scapunata la butti, digia pagari di pena tt. 1.10 allu gabellotu, et intendendo di S. Martino innanti. Item chi como incomencza ad vindiri lu vinu non pocza muntari lu preczu, et calari pocza. Item si per casu unu avissi dui butti di vino et non plui, vendendulu a minutu, lu gabellotu li digia fari bonu lu so biviri et non digia pagari gabella, et chi si digia stari alla fidi di lu burgisi. Placet Domino.

81. Chi nulla persona digia mettiri acqua allu vinu vendendo. Item chi nulla persona digia mettiri acqua allu vinu vendendo, nè alla butti, nè alla quartara, sub poena di unzi quattro di pagari in terzo allu Capitanio e gabilloti. Placet Domino.

82. Si alcunu accattassi vino in grossu prendendulu a quartara non sia tenuto ad pagari allu grossu. Item si alcuno accattassi vino in grossu prindendulu a quartara non sia tenuto a pagari allu grossu, et di una quartara a pindinu alla minuto allo ditto gabellotu; eccettu quando extraissi di fora la territorio, sia tenuto pagari grana tri di esitura. Placet Domino.

83. Chi omni persuna chi voglia vindiri vino a minuto sia tenuto requidiri in gabellotu. Item chi omni persuna chi voglia vindiri vino ad minuto sia tenuto requidiri lu gabellotu, et si per aventura non lu requidissi per vidiri la butti, lu gabillotu si pocza fari pagari la butti per china fina undi è venduta. Placet Domino.

84. Si alcuno vendendo vino ad minuto pocza vindiri di quilla butti videsmi in grossu. Item si per avventura alcuno vindendo vino ad minuto pocza vindiri di quilla butti videsmi in grossu, et lu gabillotu si digia pagari quilla chi è vindutu ad minutu, la raxuni di lu minuto, et quilla chi est venduto in grossu non digia pagari, eccettu foristeri, lu quali divi pagari grana cinco per salma, cioè fora lu territorio, ed in territorio grana tri. Placet Domino quod servetur consuetudo.

85. Chi nixuna persuna digia muntari oy vindiri vinu plui di dinari sei lu quartuzu. Item chi nixuna persuna digia muntari oy vindiri lu vino plui di dinari sei lu quartuzo, sub poena di unzi quattro pagandi alli officiali preditti, sine licentia di li officiali essendo tamen penuria. Placet Domino non essendo necessitati.

86. Che omini tavernaro et molinaro digia andari dalli Catapani et etiam putigari et farisi justari li pisi. Item chi omni tavernaro et mulinaro di lu principio di lu anno digiano andari a li Catapani, ac etiam putigari et farisi aiustari li pisi, altramenti siano in pena allo detto Catapano di tarì uno e grana deci. Placet Domino.

87. Chi nullu digia mettiri bestiami alli airi per finu menczu augustu. Item chi nullu digia mettiri bestiami alli airi per fina ad menczu augustu sub poena di tarì tre alli bagli. Placet Domino.

88. Chi omni persuna che avesse possessioni, chi confinano cum li vii pubblici, siano tenuti runcari una volta lu annu quantu teni lu so. Item chi omni persuna che havendo loro possessioni chi confinanu cum li vii pubblici, siano tenuti ad riquesta di li offitiali runcari una volta l'annu quantu tieni lu so, sub poena di tarì uno alli ditti officiali. Placet Domino.

89. Di li Iudici chi digiano dari cuntu alli offitiali novi. Item chi finito lu anno di li Iudici digiano rendiri cunto e raxuni alli offitiali novi di li introyti et esiti. Placet Domino.

90. Chi omni persona digia vacari anni dui et poy concurriri alli offitii. Item chi omni persona digia vacari anni dui et poy concurriri alli offitii, et chi sianu fatti per scrutinio fattu per li officiali et altri boni homini junti cum sacramento. Placet Domino.

91. Di li frumenti di vindiri. Item cui avissi frumenti di vindiri, la mitati digia vindiri alla Terra, et l'autra pocza portari undi voli. Placet Domino dummodo quod Terra remaneat abundanter.

92. Di lu formaggio et oglio. Item si alla terra fussi bisognu di vindiri formaggi et ogliu ad minutu, et si alcuno borgisi ndi avissi ultra lu bastivuli, lu digianu vindiri alli putigari, oy lu vindanu a minuto, et li putigari sianu tenuti ad tagliarilo ad minuto. Placet Domino.

93. Di la carni morta di fora como si digia vindiri. Item si alcunu portassi carni morta di fora, digia vindiri ad preziu di dui dinari mancu di la meta. Placet Domino.

94. Chi li offitiali duranti lu offitio siano absenti da ogni angaria. Item chi ogni persuna che hagia offitio, duranti lu loro offitio siano absenti di omini angaria et raxuni di colletti, tanto regali quanto personali, et hagiano una bestia franca de loro massaria. Placet Domino.

95. Si lu burgisi vulissi fari alcuno boy oy vacca, in che jornu lu pò fari. Item si uno burgisi vulissi fari alcuno boy oy vacca infra lu annu pocza aviri uno jorno di vicenda, riservata la dominica et lu jovidi, et lu bucheri non pocza fari carni per quillo jorno et vicenda di quilla carni sub poena di tarì uno e grana deci all'officiali. Placet Domino dummodo quod carnes sint vendibiles.

96. Di li nocilli accattati. Item chi cui accattassi nochilli innanti Sancto Ioanni digia rifari come serranno misi per li officiali, et di Santo Ioanni innanti siano tenuti per quello prezzo che s'accatta, li quali si digiano mettiri in lo fini di settembre. Placet Domino.

97. De lu formentu accattato. Item cui accattassi etiam formento innanti Sancto Ioanni sia tenuto rifari comu serrà misu per li offitiali, lu quali mettiri sia in lo fini di augusto, eccetto quilli chi lu accattassiro per opus loro. Placet Domino non praeiudicando conscientiam dicti domini.

98. Di lu mustu accattatu. Item chi cui accattassi mustu di menczu augustu in darreru sia tenuto rifari allu patruni come serrà misu per l'officiali, nisi per opu loro, et di menzu angusto innanti lu hagianu per lu prezzu chi lu accattarà. Placet Domino et quod non sit praejudicium in conscientiam dicti domini.

99. Chi in lo tempo di glandi digiano fari filatto di Sancto Martino innanti perfina a Sancto Nicola. Item chi in lo tempo di li glanai digiano fari filatto di Sancto Martino innanti perfina ad Sancto Nicola, et non ci pò intrari lu patruni nisi una volta per simana, et si plui ni trasissi sia ruptu et lu Bagliu pocza scarneggiari videlicet costando per tri volti et observandosi si intenda fina ad Natali. Placet Domino quod servetur consuetudo antiqua.

100. Di quillu su tenuti li vassalli et burgisi allo magnifico signuri. Item comu li vassalli et burgisi habitanti in la ditta terra non su nè siano tenuti ad angaria nixuna allo magnifico signuri di la ditta terra, eccettu prestarili la obedientia comu si appartieni di vassalli a signuri, e di pagari li gabelli videlicet di omni quartara di vino chi si vindi tri quartuchi, et di li cosi comu su carni, pisci, di omni deci carlini l'uno, et di farili la caccia omni anno videlicet lu Natali, et di portarici quilli chi tenino baldoyni di barda uno carrico di paglia per anno. Placet Domino quod servetur consuetudo dicti domini.

101. Di quillu chi digia haviri lu Catapanu. Item li Catapanu digia aviri rotolo unu di oglu per carrico, et rotulo uno di pisci per carrico, et dinaro uno per ogni tumino di vittuagli chi si vindirà, idest di li furistieri, et di omni cantaro di lino et cannavo uno rotulo, et di li pisi chi aggiusta videlicet tuminu, mundella et qnartuczu grana cinco per peczu, et per pisi di pani per omni uno grano uno. Placet Domino quod servetur consuetudo antiqua.

102. Di li siminati chi si faranno in lo territoriu di lu signuri chi nde su tenuti a pagare. Item chi tutti seminati chi si faranno in lo territoriu di lo magnifico signuri di la ditta terra non siano tenuti a pagari eccettu decima, videlicet di omni deci, una. Placet Domino ad eius beneplacitum.

103. Di li putigari et bucceri chi sunnu tenuti allu Catapanu. Item chi tutti putigari chi sunnu tenuti allu Catapanu quolibet anno di dari li tarì dui, et li bucceri uno quarto di carni lu sabato santo et uno rotulo e menczo per simana, et quando si fachissi bestia di carni appartata ndi digia aviri uno rotulo. Placet Domino.

104. Di li salumi chi ndi è tenuto a pagari allo gabelloto. Item chi tutti salumi chi si vindiranno in la ditta terra, comu è tonnina et sardi, in gabellotu ndi haja videlicet per quanti dinari vindirà lu quartuni tanti grana, et di sardi grana dui per peczu. Placet Domino quod servetur consuetudo antiqua.

105. Di la carni quandu si furriassi chi digia pagari allu gabellotu. Item quando si furriassi carni et sindi facissi plui di quattro parti, digia pagari allu gabillotu di omni deci l'una. Placet Domino.

106. Di li frutti e fogliami chi sindi divi pagari allo gabelloto et allu Catapanu. Item tutti li frutti et fugliami chi si vindiranno ad carricu, digia pagari alla gabillotu grana dui per carricu et una rotulu oy veru maczu allu Catapanu. Placet Domino quod servetur consuetudo antiqua.

107. Li coyra che divino pagari di esitura. Item li coyra videlicet di li boy digianu pagari la esitura, tantu furisteri quanta burgisi, exendoli fora lu territorio grana chinco, et li vacchi e jenchi grana quattru per pecza et interczaturi tri per dui, et li vitelli grana dui per peczu. Placet Domino quod servetur consuetudo ab antiquo.

108. Li pelli muntunini chi pagano di esitura. Item li pelli muntunini digianu pagari di esitura tarì dui et grana dechi per centinaro. Placet Domino quod servetur consuetudo.

109. Li bestiami chi intreranno in li vigni oy nocellitu chi sunnu tenuti a pagari. Item li bestiami chi intreranno in li vigni chi serranno chiusi di muro oy di fossu, digianu pagari grana sei, et sia elezioni di lu patruni vulirisi pigliari grana quattro, oy di lu dammaggio, idest essendo persona idonea ad arbitriu di lu Secretu; et si nun fussiru chiusi, digianu pagari grana tri et lu dannu, et si fussiru vigni intra vigni, intrando siano tenuti a pagari ut supra grana sei et prindirisi li grana quattru modo ut supra; et li nochilliti essendo chiusi di menczo marzo innanti per tutto settembro digia pagari grana sei, et sia licitu alli patruni prindirisi grana quattru per lo juramento, idest essendo persuna di darici fidi, alias digia haviri in danno, et di menczu marzo in darrero grana tri tantum, nisi chi essendo chiusi li nochelliti di omni tempu digianu pagari grana sei. Placet Domino quod servetur consuetudo antiqua.

110. Incominciandusi a fari paglia in li ayri stayanu in putiri di li Baglii fina a menczu augustu, et di li porci chi nce intreranno chi sunu tenuti a pagare alli Baglii. Item incuminciandusi a fari paglia in li ayri stainu in putiri di li Baglii fina a menczu augustu, et since trasissiru porci, videlicet di otto a munti, digianu pagari tarì tre alli Baglii per prisaglia. Placet Domino quod servetur consuetudo ab antiquo.

111. Di la bestiami chi si divi fari alla buchiria per li imposti. Item chi la bestiami chi si divi fari alla bucceria per l'imposti (idest imposizioni) nde digia essiri franca una per pilu videlicet chi si digianu fari ad Santo Martino et a Santo Nicola chinque per centinaro, et li patruni di li pecori divinu fari lu carnilivari di li crastati, di li quali ndi hanno uno franco di scannatura, li altri pagano grana dui per ciaschiduna. Placet Domino quod servetur consuetudo ab antiquo.

112. Di li vacchi che si devono fari. Item li patruni di li vacchi divinu fari una vacca per merco, la quali havi in lu principiu di settembru franca di scannatura, et si plui nde facissi divi pagari grana quattro per ciaschiduna. Placet Domino quod servetur consuetudo ab antiquo.

113. Di omni carni chi si farrà alla bucciaria che sinde deve pagari di scannatura, et di li bestie morti di fora comu si digianu vindiri. Item omni carni chi si farrà alla bucciaria et aucidissi in la terra, digia pagari per scannatura videlicet lu boy grana cinque, la vacca e lu jencu grana quattro, li inieza et li vitelli grana dui, li porci grana tri, li muntuni grana dui alli Baglii; et quandu vinissi alcuna bestia morta di fora, si digia vindiri ad elezioni di li officiali, et li Baglii non ndi hagiano raxuni nulla. Placet Domino quod servetur consuetudo ab antiquo.

114. Di la doana che si deve pagare. Item li burdunari et altri furisteri di tarì deci a munti paganu ad raxuni di grana 18 per uncza, et appendinu la nucilla paga uno per tuminu, et la castagna di tutto sempri paga dinari dui per tumino, et di omni altra doana paga grano uno per tarì, et di tarì deci a munti paga grana dicedotto. Placet Domino quod servetur consuetudo ab antiquo.

115. Di la meta di la carni oy sauczuni. Item chi la meta di la carni oy sauczuni cotidiana li Catapani la digiano dari insembla cum li altri officiali. Placet Domino quod servetur consuetudo ab antiquo.

116. Di la pena di li Catapani si dunassiru pisi oy misuri chi fussiru plui oy mancu. Item per avventura li Catapani dunassiru pisi oy misuri chi fussira pluy oy minu, digianu pagari tarì setti e grana deci all'officiali videlicet alli Iudici. Placet Domino quoad poenam.

117. Quandu lu Catapanu non si trovassi alla terra cui è tenuto a dari la meta. Item quandu lu Catapanu non si trovassi alla terra, et bisognassi vuliri dari meta, li boni homini ad minu di ipsu poczanu dari la meta, et si ipsu nci fussi volendo dari alcuna meta digia riquidiri alcuni boni homini oy offitiali cum ipsu a dari la meta. Placet Domino ut consuetudo est, et quod per absentiam Catapani Iudices civilium seu duo alii probi viri valeant pro parte dicti Catapani dare metam.

118. Chi nulla persona pocza vindiri carni plui di la meta, eccettu li dui jorni di carnilivari et alla fera. Item chi nulla persona pocza vindiri carni plui di la meta annuata, eccettu li poteghi publici li dui jorni di carnilivari poczanu dui dinari plui per rotolo, et etiam alla fera dinari dui per rotulo. Placet Domino quod servetur consuetudo ab antiquo.

119. Di la carni di lo tauro comu si digia fari. Item si alcuno vulissi fari carni di tauru passatu dui anni, et non sia tortu, digia fari a la meta di li boy, alias digia pagari di pena unza una, videlicet tarì quindici a lu Capitaniu e tarì quindici alli Iudici. Placet Domino.

120. Quilli chi vindunu la carni cum pisi minu chi su tenuti di pena. Item si alcuno buczeri oy altra persona vindissi carni cum pisu minu, digia pagari unzi quattru alli officiali preditti, li quali pisi non li avissi datu lu Catapanu. Placet Domino quod poena praedicta solvatur Catapano et Iudicibus civilibus.

121. Lu bestiami di bucceria non essendo guardatu digia pagari accusa et etiam dammaggiu. Item si per avventura bestiami di bucceria non fussi guardatu, digia pagari accusa et etiam dammagiu, et eciam di guardia fatta; et si fussi scappatura, non siano tenuti, ecceptu alli dammaggi. Placet Domino quod servetur consuetudo.

122. Quandu alla terra fussi necessitati di carni, li patruni di la bestiami chi su tenuti a farindi. Item si per avventura alla terra fussi necessitati di carni, li patruni di la bestiami sianu tenuti fare allu macellu bestie cinque lu annu per centinaro, videlicet di quilli vindeno crastati, cioè la festa di carnilivari, et etiam porci in lo tempo di glanda. Placet Domino.

123. Quilli chi hannu di vindiri riquedendo li bucceri di la terra prius si li volunu accattari, alias chi li poczanu vindiri. Item chi li altri chi hannu di vindiri requidendo li bucceri di la terra prius si li volinu accattari, bene quidein; alias che li poczanu vindiri., oy minari et extrahiri di fora di la terra et territorio requedendo etiam li officiali, et non requidendo sia in pena di unzi quattro allo Capitanio. Placet Domino.

124. Si li porci straneri fossiro in boschi in lo tempo di li glandi et fussi nicissitati di carni alla terra, fussinu tinuti a farindi per centinaro. Item si alli boschi fussiro porci straneri in lo tempu di la glanda, et fussi necessitati di carni alla Terra, fussiru tenuti a farindi cinque per centinaro allu macellu, oy in arbitrio di li offitiali, non passando li cinque. Placet Domino quod servetur consuetudo.

125. Chi ad omni persuna sia licitu cogliri glanda per uno mannarino tantum. Item chi omni persona di la ditta terra pocza cogliri glandi per uno mannarino tantum.

126. Chi è licitu in lu boscu di lo magnifico signori in lo tempo di li glandi et in li altri tempi. Item chi li ditti burgisi poczano detiniri in lu boscu di lo magnifico signuri in lo tempo di li glandi, boy quattro lauraturi et uno jenco in meczo per causa di farindi boy et una bestia, et in altri tempi tutti loro bestiami, et similiter li convicini videlicet Castigliuni et Calatabiano, et etiam tagliari frasca alli boy di lu tempo ci sia. Placet Domino prout decretatum fuit in alio capitulo.

127. Di la glanda et di la erba di lo comuni nci nde hanno da fare. Item lu communi di la ditta terra è membra di la Universitati, et di Santa Cruci fino ad Santo Nicola nde hanno ad fare li Iudici di la glanda, et ai la erba li Baglii, et di Sancto Nicola fina ad Sancta Cruci sia in putiri di li Baglii di li erbaggi tantum.

128. Chi deve avere lu Baglio di li mircanti che accattano lu boscu. Item lu Bagliu havi di sua raxuni di li mircanti chi accattanu lu boscu di lo magnifico signuri per li acq. tarì 7,10. Placet Domino quod servetur consuetudo ab antiquo.

129. Di li bestiami chi intranu in li lochi di la Curti chi sunu tenuti a pagari. Item si per avventura bestiami intrassi in li lochi di la Curti et maxime in lo nochellito, non digia pagari eccettu tarì uno; et all'altri parti, comu è solitu alli altri lochi di li burgisi. Placet Domino quod servetur consuetudo ab antiquo.

130. Chi lu Bagliu non digia piglari in guardia li vigni nè lochi di nessuno. Item chi lu Bagliu non digia pigliari in guardia li vigni, nè lochi di nixuno quantu è ad bestiam tantum, et sinde pigliarissi non digiano li bestie che since trovassiru pagari nenti. Placet Domino quod servetur consuetudo antiqua.

131. Chi nexuna persuna digia jectari fuocu in lo principio di maju, et di menczu augustu innanti senza licentia. Item chi nixuna persuna digia jectari focu in lo principio di maggio per fina ad meczo augustu sub poena di unczi quattro allu Magnifico Signori di la ditta Terra et di uncza una allu Capitaneu; et di menczu augustu innanti senza licentia per tutto settembro subto la ditta pena et di pagari lu dannu chi facissiru. Placet Domino.

132. Si alcunu pigliassi dellu pubblico et fussi denunziato alli Iurati, et ipsi non lu cercassiru oy committissiro fraude et malitia, che suno tenuti di pena. Item si per avventura alcunu pigliassi di lo pubblico, et fussi denunziato, oy lu sapissiro li Iurati, et ipsi non lu cercassinu, oy committissiru fraude et malitia, digianu pagari unczi quattru di pena allo Magnifico Signori, videlicet la mitati, et l'altra mitati ad benefitio di la Universitati. Placet Domino.

133. Le bestie accusate intro le vittuaglie che sonno tenuti ad pagare. Item tutti li bestii chi serranno accusati intro vittuagli, como lavuri, orzi, favi, et etiam intro li chiusi, non digiano pagare eccettu grana tri per bestia grossa et lu damno; et pecurini e crapi et porci, videlicet li porci et crapi dinari tri alli Baglii. Placet Domino quod servetur consuetudo ab antiquo.

134. Alli patruni di li predii in lo tempu di li racini et frutti, trovandoci porci di tre appendino, sia licitu cum licentia primo di li offitiali ammazzarindi uno, et darindi uno quarto alli offitiali et la testa allo Baglio. Item chi la tempu di li racini et frutti, videlicet di menczo marzu finu a tuttu ottubru, li patruni di li predii, truvanduci porci di tri appendino, sia licitu cum licentia primo di li offitiali ammazzarinde uno, di li quali inde deve dare uno quarto alli offitiali et la testa allu Baglio; et portando li manguni raxunivili non si poczano vindiri, et eciam intro li orti seminati. Placet Domino.

135. Chi è licitu allu mercinaro et allu locanti pigliarisi dallu Bagliu. Item chi di servitiu personali sia licitu allu mercinariu putirisi pigliari da lu Bagliu videlicet di tarì tre a pendino; et e contra quandu lu locanti alluga, sia licitu di li dinari chi li avirà datu, vinenduli minu, prindirisilli dallu Bagliu et dumandarindi lu dublo. Placet Domino.

136. Quellu chi digianu aviri li Iudici quando sunu chiamati a providiri qualche dibattito. Item quandu li Iudici fussiru chiamati ad instantia di alcuno a providiri qualchi dibattito digiano aviri tarì uno per loro pedagio. Placet Domino.

137. Di li restuchi di Ragabo che non si poczanu vindiri. Item chi li restucci di Ragabo non si poczanu vindiri, ymmo digianu restari per li Burgisi comu è statu anticamenti observatu. Negatur.

138. Di la carni salvagina chi sindi divi pagari. Item quandu alcunu purtassi salvagina di fora, non digia pagari allu Catapanu eccettu menczu rotulu per bestia. Placet Domino ut consuetum est ab antiquo.

139. Sia licitu impune a tutti di tiniri tuminu, et etiam tutti quilli chi si truvassinu pisi oy misuri manco chi suno tenuti di pena. Item sia licitu impune a tutti quilli chi vorranno teniri tuminu, lu putiri tiniri et imprestarilu a cui ipsi vorranno, essendu primo ajustato cum lu tuminu di lu Catapanu; alias trovandosi mancu, sianu in pena allu Catapanu di tarì setti e grana deci. Et etiam tutti quilli chi si trovassinu pisi oy misuri mancu, essendu stati ajustati per li ditti Catapani, tenendoli etiam senza ajustati, siano a la dicta pena. Placet Domino dummodo quod cives non vendano cum dicto tumino advenis.

140. De li observantii de li dicti Consuetudini. Si lu Indici, Advocato oy Procuraturi contro alcuna consuetudini darrà sententia oy alleghirà in contrario, sia ipso jure tali sententia oy allegacioni nulla, et non sia andata, et chi lu procuraturi digia essiri allontanatu, et li preditti Iudici, Advocati et Procuraturi li quali contravenissero oy committissiro quisto, da loro officio cayano, et vacano per uno anno. Placet Domino quod capitula supradicta serventur juxta decretaciones in pede factas, et quod nullus Iudex audeat in contrarium proferre sententiam.

141. Si la Consuetudini in loco di probationi si mettissi per alcuna di li parti litiganti in li soi defentioni, como si digia scrivere per lu Iudici oy Notaro in lo tempu di la interrogationi. Item si per alcuna di li parti litiganti si mettissi in li soi raxuni oy defensioni la consuetudini in loco di probationi loro, eo casu per lo Iudici oy per lu Notaru in lu tempo di la interrogatione che si farrà alla adversa parti, si digia scriviri confitetur prout in quinterno consuetudinum continetur. Placet Domino dummodo quod habeat veram conscientiam et notitiam de dicta consuetudine.

142. De la pena de quilla persona presumissi allegari et diri alcunu contrariu di li preditti capituli. Item chi si alcuna persona di la ditta terra presomissi allegari et diri alcuno contrario di li preditti et presenti capituli et consuetudini, statim sianu incursi in pena dì unczi quattro di applicari allo magnifico signuri di la ditta terra, et uncza una allo Capitanio. Placet Domino.

143. Di li funtani como si digiano guardari, et di li porci quando since trovassiru chi sunu tenuti a pagare. Item li funtani, videlicet la Grandi, Don Giraudo, Brunitta, Santu Nicola di la Greca, et Santu Nicola di lu Salvagnolu, et Brufittuni si digianu guardari tutto l'anno, et quando sinci trovassi alcuno porcu oy greya digiano pagari tarì tri, videlicet tarì uno allu Bagliu di la ditta terra, et tarì due alli Iurati seu Iudici, et quandu sinci truvassi mannarino, sinci pocza uccidiri, et divi di aviri uno quarto lu Bagliu, et lu avanzu li Iurati ut sapra. Placet Domino quod servetur consuetudo ab antiquo.

144. Di la guardia di li frumenti di li funtanelli. Item li frumenti di li funtanelli digianu essiri guardati et difisi di li porci di menczo marzo per tutto settembro, et truvandoci porci di otto a munti digianu pagari tarì tri, videlicet tarì uno e grana deci allu Bagliu, e tarì uno e grana deci alli Iurati, essendo primo conciati per lu Bagliu. Placet Domino ut consuetudo est ab antiquo.

145. Di quillu è tenuto lu Bagliu alli biviraturi di li funtani, et di la pena di quilli chi nce lavassiro. Item chi lu Bagliu sia tenuto fari annettari li biviraturi videlicet di la funtana Grandi, Don Giraudo et Bruscitta quolibet anno, et cui nci lavassi appoi di pattarelli lavandoli vero di fora siano in pena di pagari allu Bagliu tarì uno, et quando alcuno presumissi lavarinci cinnirata oy vero liscia, sia in pena di tarì dui, videlicet pro medietate allu Bagliu et lu avanzu alli Iudici di la ditta terra. Placet Domino.

146. Di la mundizza duvi si deve gettari. Item chi nullu digia gettari mundizza ecceptu alli lochi stabiluti, videlicet undi serrannu per li officiali misi li pali piantati, sub poena di tarì uno allu Bagliu. Placet Domino.

147. Chi li Bagli non poczanu accordari bestiami in lo tempu di li ayri nè di li difisi, et di la loro pena. Item chi li Bagli non poczano accordari bestiami in lo tempo di li ayri nè di li difisi, sub poena di unzi quattro, videlicet la mitati ad benefitiu de la Universitati, uncza una a lu Capitanio et uncza una alli Iurati. Placet Donino quod observata consuetudine autiqua fiat.

148. La carne salvagina como si divi vendere, et de la franchizza sua, et che nde deve toccare allo Catapano per bestia. Item quandu si uccedessi salvagina si divi vindiri ad rotulu secundu la meta, videlicet daynina alla meta di lu boy, purcina alla meta di lu mayali domesticu, videlicet dinari dui minu per lu pilu, crapi li quarti darretu como la meta di li crastati, et lu avanzu dui dinari minu, lu quali digia essiri francu di gabella comu è stato accostumatu per lu passatu, et lu Catapanu tantum ndi digia haviri menzo rotulu per bestia. Placet Domino quod observetur consuetudo ab antiquo.

149. Di la bestiami venduta chi digianu haviri di tempu quilli chi la vulissiru di la terra, et di la pena de quilli chi la vindino non nde facendo relatione alli officiali. Item quando alcuno di la ditta terra vindissi alcuna bestiami, digiano aviri quilli chi la vulissiru di la terra tempu jorni dui di lo bando innanti, et cui ndi vindissi et non ndi facissi relationi alli offitiali sia in pena di unzi quattro allo Magnifico Signori et unza una allu Capitaniu. Placet Domino.

150. Di li vittuagli chi sinde digia portari in la Terra et como si porranno estrairi. Item chi tutti quilli vittuagli chi si faranno in qualunquata parti si sia ndi digiano portari la mitati in la ditta Terra, et di quilli chi vindiranno cioè ad elezioni di li offitiali et dello Capitanio, sub pena di unzi quattro di pagari allu Magnifico Signori, et de unza una allo Capitanio, et cum licentia di li offitiali li poczano estrairi et di lo Capitanio. Placet Domino.

151. Di lu testamentu chi non si pocza pubblicari senza interventu di alcunu di li Iudici, et che nde digia havere per sua ragione. Item quando si facissi alcuno testamento non si pocza pubblicari che non si ci intervenga uno di li Iudici di lo Civili, lu quali digia haviri per sua raxoni si lo testaturi mori tarì uno, si campa grana dechi, alias tali testamentu sia ipso facto nullo. Placet Domino.

152. Di la difisa grandi in chi tempu si dive defendire di omni bestiami et di la prisaglia che sinde divi pagari alli Bagli et di lo suo circuito. Item la difisa grandi si difendi di menzu augustu per fina a tutti Santi di omni bestiami, videlicet di porci, vacchi, crapi, pecuri videlicet di otto a munti, videlicet li ottu pagano, li quali divinu pagari tarì tri per prisaglia alli Baglii, la quali difisa incomencza di la via via della Vignazza perfina allu Sambacu di lu Vinezaru di la via vecha et nexi alli Ficari di lu Bardaru, et dipoi alla timpa di li terri di Antoni di Rigio, et va a lu serru serru et nexi all'ayra di Majuni ch'è di Ioanni Valastro et poi va lu serru serru fina all'ayra di Presti Ioanni et dipoi va la sorca fina a la Portichella di lo granatu et dapoi va allu valluni valluni fina supra lu palmentu di Rugeri la Guzza allu limitazzo et depoi sindi cala alli cirasi et nochilli di lu dittu Rugeri la Guzza, et dapoi passa et nesci alla Castagnara et Cirasara di Ioanni Mercuri chi nci est la Cruci, et dapoi nesci alla Portichella dì Santo Marco et è insingata allu arboru et petra, et di poi nesci alla tribona di Santo Marco et poi nesci alla Castagnara di la Monica Lilliluta, et etiam singata et dapoi all'ajra di Bonsignuri alla faczata di la marina videlicet alli terri di li Bittuni, et dapoi scinde lu cugnu cugnu, et nesci alla Castagnara di Innauvatu et dapoi nexi alli Cirasi di li Salici, di li Salici in testa la Vigna di Muni Pafumi et nesci dirittu alla vallunellu chi va supra Santu Filippu, et dapoi va alla via via et nesci supra li Vigni dì Notar Antoni di Facziu, et dapoi nesci supra la vigna di Presti Ioanni di l'Aquila et nesci supra la vigna di Antoni Tuscanu, chiamatu Manciameli, et di poi nesci alla pinita di la Xarotta in menzu la chiusa di la Monica et la Chiusa di lu Trilaudu, et nesci alla via et dipoi va alla via via et passa la serata serata in menzu la terra, et nesci alla via di la Vignazza di undi incomenza. Placet Domino quod observetur consuetudo ab antiquo.

153. Di la difisa piccola et sua defentioni et suo Circuito. La difisa piccola la quali si difendi tutto l'annu incomenza di lu capu di la ditta terra et va la via via di la Vignazza fina lu passu di Antoni di Savia alla vigna di Cola Pafumi, et dapoi nesci alla Mandra chiamata di lu Puglisi alla Rocca di lu Bardaru di li terri di Ioanni Sulira et nesci in testa li terri et vigni di Tocli di Copano, et li terri di Galafina et nesci alla Porticella di lo Collitto et scindi alla via via chi va alli funtani di Brufittuni, cioè all'arboru inanti di li ditti Funtani, et dapoi passa dentro li terri di Ioanni Valastro et nesci sopra li vigni di Czullu Salvaturi et dapoi passa intro la vigna di Thoma lu Parrino, et nesci allu limitazzo di la vigna di Nuczu lu Iudici et poi nesci alla di la vigna di Presti Antoni et poi nesci alla vigna di Caminiti, et dapoi nesci nocharotti di lu Furnazzu di Ioanni Valastro, et nesci alli Castagni cioè allu limitazo di lu Castagnitu di Antoni di Zoy, et di Ioanni Sulitu, nesci alli Castagni di quondam Catarini di Lenczu et nesci all'ayra di la Monica di lu chanu di Ponzu et nesci in testa li terri di Andria Stagnitta, et nesci all'arboru tortu carandu lu valluni valluni in menzu li vigni di Cola di l'Aquila et di Ioanni Guardallà di Omodeu et di poi nesci allu parmentu di Bartuletta et di poi alla Petra Grossa in menczu la vigna di Totu di Faziu, et nesci ayra di Salvaturi sopra la vigna di Zullu Salvaturi, et dipoi nesci all'aira di lu Pumeri alla Rocca grandi, et nesci alla Sorbara di Tuscano chi era intro la vigna et nesci all'arboru alla punta di la chiusa di Guglotta Chisari et nesci alla vigna grandi di la Xarotta passandu per lu rampanti di lu Cupigliuni.

154. Di la pena di quilli chi piglassinu lu publicu et di la pena di Iurati quandu non lu cercassiru. Item per avventura alcuna persona piglassi di lu pubblico, et fussi denunziatu oy lu sapissiru li Iurati, et ipsi non lu circassiru oy nci mittissiru fraude, siano tenuti ad pena di unzi quattro di applicari alla spettabili Signori, et costando che quilli lu avissiru prisu oy prindissino, siano alla pena di unzi cinco, videlicet di unzi due allo detto spettabili signori, unza una allo Capitanio, et unzi due alli Iudici di la ditta terra. Placet Domino.

155. Li raxuni et introiti di la Curti. In primis per raxuni di tricesima et estinci de negativa che dive havire lu Capitanio cum lo Iudici per ciasqueduna unczia. Item per ragione di tricesima, videlicet quando è fatta petitioni per qualchi persuna innanti lu Capitanio cum lo Iudici, per ciasqueduna unczia tarì uno, cioè grana X di lu atturi, et grana X di lu convenutu. Placet Domino quod servetur consuetudo ab antiquo.

156. Per raxuni di esecuzioni fatta che nde divi aviri lu Capitanio cum lu Iudici et lu Notario per scriviri. Item per raxuni di execuzioni fatta, videlicet tam virtute confessionis quam contractus et alia scriptura, nde competissi et divi aviri lu Capitaniu cum lu Iudici grana dudici per unza, et lu Notaro grana cinco per scriviri la esecuzioni; et sinci interveni confessioni ndi divi aviri lu Iudici et lu Mastro Notaro grana X, chinque per uno. Placet Domino quod servetur consuetudo antiqua.

157. De tutti comandamenti che nde divi havire lu Capitanio. Item divi aviri lu Capitaniu di tutti comandamenti undi non c'è statu raxuni di executioni grana X, eccettu in li possessioni stabili non obstanti chi nci sia stata executioni ndi havi per lu comandamentu grana dechi. Placet Domino quod observetur consuetudo ab antiquo.

158. Della samina di li testimoni chi ndi divi aviri lu Iudici cum lu Mastru Notaru, et quando vanno ad pedagiu intra la terra et di fora la terra. Item per la samina di li testimoni ndi havi et divi haviri lu Iudici cum la Mastru Notaru grana quattro, et si vanno ad pedaggio intro la terra tarì uno e grana X, videlicet tarì uno competisci alla Iudici quando nei interveni casu chi non lu divi haviri lu Capitaniu, et l'autra cioè grana deci lu Notaro; di fora la terra, cioè in territorio lu Capitanio tarì tri et lu Notaro tarì uno. Placet Domino quod servetur consuetudo ab antiquo.

159. Per omni interrogationi di lu Iudici cum lu Mastru Notaru chi divi haviri. Item chi divi aviri per omni interrogationi lu Iudici cum lu Mastru Nutaru grana deci. Placet Domino quod servetur consuetudo ab antiquo.

160. Per omni provisioni di escarcerazioni chi divi aviri lu Iudici. Item divi aviri lu Iudici per omni provisioni di scarcerationi tarì uno e grana deci. Placet Domino iuxta consuetudinem antiquam.

161. Per omni sententia civili chi divi aviri lu Iudici per unzia. Item divi aviri lu Iudici per omni sententia civili tarì uno per unzia. Placet Domino iuxta consuetudinem antiquam.

162. Chi divi haviri lu Mastru Notaru una cum lu Iudici di li causi criminali per li cessioni et per li civili. Item divi aviri lu Mastro Notaro una cum lu Iudici di li causi criminali per li cessioni tarì uno, et per li civili grana deci. Placet Domino iuxta consuetudinem antiquam.

163. Item divi aviri lu Mastru Notaro per la pleggiria grana deci.

164. Per la licencia di unza una ad pendino et in suso che sindi dive fare. Item per la licentia di unza una ad pendino grana chinco, et in suso grana deci. Placet Domino juxta consuetudinem antiquam.

165. Che divi aviri lu Iudici cum lu Mastru Notaru di solutioni di unza una a pendino, et de una unza in suso, et di la cedula primi decreti et di li secundi decreti, et allu avvocatu per facitura. Item divi haviri lu Iudici cum lu Mastru Notaro di li solutioni di unza una a pendino grana deci, et di una unzia in suso tarì uno; et di la cedola primi decreti ndi havi lu Mastro Notaro per presentarila et registrarila grana X, et lu Iudici per passarila grana X, et di li secundi decreti ndi veni allu Iudici per passarila e scriviri in pedi la visioni tarì uno et lu Mastro Notaro per presentarila grana X, et per facitura lu Advocatu grana deci. Placet Domino juxta consuetudinem antiquam.

166. Lu Bagliu chi divi haviri di omni spignatura et vinditura di pignu. Item lu Bagliu divi aviri di omni espignatura et vinditura di pignu di tarì deci a pendino, grana dui, et di tarì deci in suso fina alla unza, uno dinaro per carlino, tantu di la spignatura, quanto per la vinditura; de l'unza in suso grana deci, si fussiru centu unzi. Placet Domino juxta consuetudinem antiquam.

167. De li bandi et di andari ad prindiri uno accusato fora di la terra, et ad prindiri uno pigno fora di la terra, et di omni accusa chi è proposta innanti lu Capitaniu, et di presunia, et dormendo chi divi veniri allu Bagliu per sua raxuni. Et di li Bandi grana chinco et cusi in summa ncindi veni allu Bagliu per sua raxuni di unza una inclusu passandu li meriti di li bandi tarì uno et grana chinco, et di andari a prindiri unu accusatu fora di la terra tarì uno, et ad prindiri uno pigno fora di la terra grana deci di unza una in susu, et de unza una in jusu, grana cinco per quantu debitu ni fussi, et de omni accusa chi è proposta innanti lu Capitaniu grana chincu, et di presunia grana XII, et dormendoci tarì uno et grana dui. Placet Domino juxta consuetudinem antiquam.

168. Di li crapi quandu fussiru scorzati per fari utri, et lu patruni voglia vindiri la carni a quarti che è tenuto ad pagari. Item si crapi fussira scorzati per fari utri per opru di lu patruni, et lu patruni voglia vindiri la carni ad quartu non sia tenutu pagari raxuni nissuna. Placet Domino juxta consuetudinem antiquam.

169. Li agnelli oy zaurelli fatti ad mazellu che devono pagari allu gabellotu. Item per ciascheduno patruni chi facissi agnelli oy zaurelli ad macellu, di omni tri di ditti bestii divi pagari allu gabellotu grana uno tantum. Placet Domino juxta consuetudinem antiquam.

170. Di li pisci portati in collu chi sindi divi pagare. Item si alcuno portassi pisci a vindiri in collu non sia tenuto pagari raxuni alcuna. Placet Domino juxta consuetudinem antiquam.

171. Di li angilli vinduti ad minuto chi sindi divi pagari allu gabellotu. Item omni cantaro di angilli venduti ad minuto divi pagari allu gabellotu tarì uno e grana deci, et vendendo de uno cantaro ad pendino divi pagari alla detta raxuni. Placet Domino juxta consuetudinem antiquam.

172. Lo formaggio, ricotti, casicavalli et scaudati che devono pagare per cantaro allu gabillotu et allo doaneri. Item per casqueduno cantaro di formaggio, ricotti et casicavalli et scaudati vinduti ad minuto divi pagati allu gabillotu tarì uno et grana deci, et vindendusi in grossu divi pagari lu furisteri allo doaneri grana dicedotto per unzia. Placet Domino juxta consuetudinem antiquam.

173. Li pellotti comu su gulpi, agnelli, zaurelli et altri pelli piccoli chi devono pagare per centinaro. Item per omni centinaro di pellotti, como su gulpi, agnelli, zaurelli et altri pelli piccoli, divi pagari lu extraituri di fora lu territorio per lu foristeri grana dechi. Placet Domino juxta consuetudinem antiquam.

174. Lu oglio come dive pagare per cantaro, et la sayme. Item per omni cantaro di oglio vinduto ad minuto, videlicet ad misura, divi pagari allu gabillotu tarì uno et grana dechi, et per omni cantaru di saymi tarì uno. Placet Domino juxta consuetudinem antiquam.

175. Li fogliami oy altri frutti di orti portanduli li burgisi chi su tenuti ad pagare. Item che omni burgisi portanu alcuna fogliami oy altri frutti di ortu chi fussinu oy jardini, non sianu tenuti ad pagari nenti. Placet Domino juxta consuetudinem antiquam.

176. Lu cuttuni chi divi pagari per cantaru allu gabellotu. Item per omni cantaro di cottuni divi pagari allu gabellotu tarì dui. Placet Domino juxta consuetudinem antiquam.

177. La carni salata che divi pagari allu gabellotu. Item per omni cantaro di carni salata vinduta in grossu oy ad minuto, divi pagari lu patruni allu gabellotu tarì uno e grana deci. Placet Domino secundum consuetudinem antiquam.

178. La confirmacioni dello spettabile signore Antonello quondam barone di la terra di Linguagrossa. Ad Nui Antonello de Malda foro presentati le retroscritti Capitoli pella Università di la Terra mia di Linguagrossa, alli quali hagio fatto fare la decretacione in pede di omni uno de loro per manu di Sansonetto di Capua Gubernatore de la detta terra per parte mia, però confermo et accepto tutti decretatione.

Data in Linguagrossa di mia propria mano, addì XVIII di Marzo, XIV Inditione 1481.

179. La confirmatione del spettabile signore Masullo Crisafi quondam barone dictae terrae.

Alli XVIII octobris, tertiae Indictionis 1515.

Nui Masullo Crisafi signori di Linguagrossa acceptamo li sopradetti consuetudini et capituli di la detta mia terra, si et quatenus sunt permissa et observantiae dictae terrae. Masullo Crisafi qui supra.

180. La confirmacione di lo multo spettabile signore Nicoloso Crisafi barone di la terra di Linguagrossa. Nui Nicolosio Crisafi quondam domini Iacini acceptamo et confirmamo li sopradetti capitoli, consuetudini et observantie di la nostra terra di Linguagrossa, die 27 mensis martii, XIV Inditionis, 1535. Scritta di nostra propria mano. Cola Crisafi.

Die primo septembris, XI Inditionis, 1509.

De mandato spectabilis domini baronis dictae terrae per me Notari Antoni de Fatio foro scritti l'infrascritti Capituli.

181. Di la pice che sinde dive pagare per cantaro et di la deda. Item chi la pici chi si vindirà in ditta terra digia pagare quilla che si piserà grani tri per cantaro, et etiam di la deda, intendendosi di l'anno XIV Inditionis in antea.

Finis Capitulorum Linguaegrossae

182. Chi li Iurati siano tenuti fari notari in uno libro serio li quinterni chi si esiginu, et la pena di li scriviriditti Iurati. Item chi li Iurati di detta Terra di Linguagrossa di oggi innanti siano tenuti senza altro comandamento fari denotari et in unu libro serio accattato tutti li quinterni chi si exigino allo minuto de la ditta terra, tanto di colletti regii ordinarii et extraordinarii, como etiam universali, d'uno in uno quillu propriu jornu chi si spedisci ditto quinterno per nota di detto Libro, ponendo in detta nota primo et ante omnia la jornata et la summa di lu quinternu, et chi quinternu sia, per quali tantu et lu nomu di la persuna chi sia collecturi di detto quinterno. Et quisto de cetero in omni futuro tempore aczò chi appara per utilitati di la Universitati li quinterni chi si esiginu et per cui siano esatti, per non esigiri un'altra volta cu scusa che non foru esatti, et ditta nota si digia fari in ditto libro per manu di lu Mastru Notaro di lo offitio di ditti Iurati et restari in suo potiri, la quali nota etiam si digia fari in presentia di li Taxaturi chi taxanu tali quinterno altrimenti facendo detti Iurati contrario di li presenti Capitoli chi mancassiro in tutto oy in parti, siano ipso facto incursi alla pena di unzi quattro, videlicet unzi dui applicati alla Camera di lo spettabili signuri baruni di la ditta Terra, unzi dui applicati in beneficio di ditta Universitati: et hoc de mandato dicti spectabilis domini baronis fuit factum in praesentia magnifici Chicci de Factio quondam Antonii, Salsi Nicolino et Ioanni Antonii de Factio Iuratorum dictae terrae anni praesentis, per manum meam Ioannis Bernardi Quattrocchi.

Datum Linguaegrossae XXVI octobris IV Inditioni1546


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