LINGUAGLOSSA - I SUOI BENI CULTURALI
Il centro abitato di Linguaglossa è abbellito da ampie vie ed antichi palazzi e da due lussureggianti ville, la Villa dei Vespri Siciliani a dare il benvenuto e la Villa Giovanni Milana proprio di fronte all'Ospedale San Rocco. Primo itinerario: da Piazza Municipio a Piazza Annunziata. Sulla Piazza Municipio si erge imponente il Monumento ai caduti della prima guerra mondiale. Sul piedistallo si erge una statua di bronzo raffigurante l'Italia che porta la Vittoria del 1924, autore e progettista è stato il grande scultore veneziano, Attilio Torresini. Prospiciente la Piazza Municipio sorge la Chiesa di San Francesco di Paola la cui prima edificazione è del XVI secolo sulla struttura della preesistente chiesetta della Madonna dell'Oreto. Il corpo avanzato del campanile ed il portico che sorregge il corridoio che univa il vecchio Convento dei Paolotti al Coro della Chiesa, entrambi del 1610, hanno ostruito la facciata principale. La torre campanaria era sovrastata da una cuspide che crollò con il terremoto del 1908 che distrusse Messina. L'ingresso molto semplice è ingentilito dalla porta bronzea eseguita dallo scultore Salvatore Incorpora nel 1980. Nelle sei formelle bronzee l'autore ha voluto ripercorrere la vita del Santo della 'Charitas'. L'interno della chiesa, ad una sola navata e con volta a botte, è ricco di stucchi barocchi. Sul primo altare a destra è la statua della Madonna dell'Oreto "plasmata in forme ideali e soavissima nell'ambrata patinatura che il tempo sa manipolare". E' opera dello scultore Antonello Gagini del 1504. I restauri recenti della cappella hanno messo in luce precedenti affreschi, molto interessanti soprattutto quelli della volta che raccontano nella loro sovrapposizione le varie fasi artistiche in cui è incorsa negli anni. Sul secondo altare a destra statua in terracotta cromata di San Francesco di Paola, è opera forse del cinquecento di autore ignoto. Sugli altari a sinistra modeste statue di Sant'Alfio e di San Filippo Siriaco. Sempre sul lato sinistro un bellissimo esempio di confessionale-pulpito in stile barocco con interessanti pitture. Di notevole importanza sulla volta della navata e dell'abside, dentro cornici a stucco, affreschi che raccontano fatti e miracoli del Santo della Charitas. Gli affreschi sono attribuibili a Giacinto Platania (1612-1691) di Acireale, ma non sono da escludere altri autori quali il Mignemi, il Grasso ed il Freri che a più riprese lavorarono nella chiesa. Nell'affresco centrale della volta dentro una cornice mistilinea è dipinta l'Apoteosi di San Francesco di Paola; gli altri due affreschi raffigurano San Francesco che resuscita un morto e San Francesco e l'indemoniato. Nel catino è raffigurata La gloria del Santo, qui San Francesco è attorniato dalle tre virtù teologali, Fede, Speranza, Carità, e dall'Arcangelo San Michele che presenta uno scudo con il motto dei Paolotti "Charitas". La pala d'altare raffigura il Dogma Trinitario. Le tele sulla parete destra rappresentano Il Santo che guarisce un paralitico e La Battaglia di Lepanto (1571); quelle sulla parete sinistra Il prigioniero liberato dal Santo e San Francesco alla Corte del Re di Napoli. Altre opere interessanti conservate nella chiesa sono la Sacra Fonte sormontata da opera bronzea dello scultore Salvatore Incorpora del 1960; gli altari di marmo policromi ed il grande organo del 1780. Sulla piazzetta a sinistra della chiesa una artistica fontana opera felice dello scultore catanese Sebastiano Milluzzo del 1959. Nel fusto della fontana sono sei formelle con incisa la storia del miracolo di Sant'Egidio e della vecchietta. Accanto alla Chiesa di San Francesco di Paola si erge imponente il Palazzo Comunale con una facciata in New Gothic Style. Agli inizi del XX secolo la vecchia sede di piazza Annunziata, non era più adatta alla gente del paese, ed allora si deliberò di costruire un nuovo 'casamento comunale', utilizzando il terreno occupato dalle strutture dell'ex Convento dei Paolotti, che dal 1866 era diventato Albergo dei Poveri. Il progetto venne redatto nel 1907 dall'Ing. Pietro Grassi Finocchiaro di Giarre, e divenne esecutivo con la delibera del 19 agosto 1907. L'interno è molto semplice, nella stanza del Consiglio Comunale si trovano due lapidi che ricordano ambedue il riscatto della città da feudale a demaniale ed ancora un quadro che rappresenta la scena del versamento della somma stabilita per 'comprare' la libertà dal Principe Orazio Bonanno. Lavoro eseguito da Tiziana Chiappane, Anna La Guzza e Giuseppe Cristaudo nel 1998. Nel Palazzo del Municipio è una interessante galleria d'arte moderna con quadri di certo valore artistico, fra questi spiccano i quadri di Pippo Giuffrida, Salvatore Incorpora, Carlo Levi, Gaetano Longo, Santi Marchese, Santi Marino, Carlo Montarsolo, Francesco Patanè, Francesco Trombadori e Mario Vasta. Dalla Piazza Municipio si può iniziare un altro itinerario che conduce al maestoso Convento dei Domenicani. Lasciata la Piazza Municipio e seguendo la Via Roma incontriamo la bella Piazzetta della Pretura. Sulla piazza si trova un monumento a ricordo del "Sindaco dei Contadini", l'Avv. Francesco Castrogiovanni, opera dello scultore Eugenio Russo, il lavoro in pietra lavica invece è opera di Concetto Tamboni. Proprio di fronte è la grande Villa dei Vespri Siciliani, costruita alla fine degli anni '50 è uno stupendo insieme di verde e viali. Vi si trovano due monumenti, su di una stele lavica è il busto bronzeo dell'Avv. Attilio Castrogiovanni, opera dello scultore Salvatore Incorpora e più avanti una stele sempre in pietra lavica a ricordo dei Giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, opera del marmista Rosario La Guzza. Andando verso la Via San Nicola, si incontra un vecchio edificio, è l'antica chiesetta del cinquecento di Sant'Antonio Abate, oramai abbandonata. Più avanti oltrepassato il Centro Sociale si giunge alla Piazza San Tommaso d'Aquino, da qui l'ingresso al grande piazzale del Convento dei PP. Domenicani. Il Collegio venne progettato dal catanese Ercole Fischietti, alla fine degli anni quaranta, sul sito dove sorgeva la seicentesca Chiesa di San Nicolò, demolita per far spazio al costruendo collegio e di cui oggi rimane solamente il portale lavico, e la statua del Santo. Sull'altare centrale della cappella è una grande pala d'altare, Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Caterina da Siena, è opera del famoso pittore napoletano Sebastiano Conca. Altre notevoli opere conservate all'interno sono: Lo Sposalizio di Santa Caterina da Siena con Gesù fra San Domenico e la Vergine, San Vincenzo Ferreri, Il sogno della Madre di San Domenico, Le Marie ai piedi della Croce, San Giacinto di Polonia, Salomone, Incoronazione della Vergine, Madonna con Bambino. Interessanti sono le quindici tavolette in legno del settecento che rappresentano I Misteri del Rosario. All'interno del convento altri quadri anche di un certo valore artistico come i Paesaggi in Terra Santa del linguaglossese Enzo Scuderi. A poca distanza del Collegio proprio sul torrente Ciapparotto si trova un bellissimo esempio di edificio rurale, un vecchio palmento con annessa casa di villeggiatura. E' da notare in questo edificio soprattutto l'ingresso in pietra arenaria e lava che conserva ai lati due nicchie "artareddi" di squisita fattura, certamente della fine del settecento. Nella nicchia a sinistra è raffigurata la Natività, mentre in quella di destra sono raffigurati l'Immacolata, Sant'Egidio Abate e Sant'Antonio di Padova, questa raffigurazione è presa dal bassorilievo centrale del Coro ligneo conservato nella Chiesa Madre. Nel centro storico del paese vi sono altri bellissimi esempi di icone viarie, soprattutto dell'ottocento. Seguendo la Via Cavour che inizia subito dopo il Palazzo Municipale, si raggiunge dopo una breve salita la Piazza dei Cappuccini. Su di questa piazza si trova la statua di Padre Pio opera dello scultore linguaglossese Luigi Russo. Prospiciente la piazza è la Chiesa dell'Immacolata con l'annesso Convento dei Padri Cappuccini. Come tutti i conventi dei fratelli di San Francesco anche il Convento dei Padri Cappuccini di Linguaglossa venne costruito ai confini della città. Proprio ai confini era allora una zona chiamata Sciare di San Pietro e si racconta che era una zona inospitale per tutte le grosse pietre di lava che vi si trovavano. Verso il 1646 si videro a Linguaglossa diversi cappuccini che cercavano un luogo dove edificare un convento, questi scelsero proprio le Sciare e nel 1647 iniziarono la costruzione del Convento e della chiesa che venne in seguito dedicata all'Immacolata. Un grande aiuto venne dal popolo e in appena due anni l'opera era terminata. I due edifici nella loro semplicità francescana non presentano all'esterno nulla di importante, mentre l'interno della chiesa è ricco di opere di alta fattura artistica. E' a due navate, quella minore venne realizzata nel secolo scorso abbattendo la grande sepoltura. All'ingresso, e proprio ai lati dei pilastri di sostegno dell'organo e del coro, vi sono delle vecchie lapidi marmoree con scritte in latino, dedicate ai Padri Cappuccini. Sugli altari laterali si trovano sculture e tele del settecento e dell'ottocento: fra le prime eccelle la scultura lignea del settecento raffigurante l'Immacolata, ed ancora San Francesco d'Assisi, Il Cuore di Gesù; fra le seconde Le anime del Purgatorio, Le stimmate di San Francesco, la Pietà, Madonna con Santi francescani. Tutte le opere su descritte sono di autori ignoti, probabilmente cappuccini. E' però l'altare maggiore che attira anche il visitatore più distratto. L'altare è sormontato da una pala che raffigura l'Immacolata, opera eccelsa del 1659 di Frate Umile da Messina, ai lati due interessanti dipinti del XVI secolo che raffigurano Sant'Antonio da Padova e Santa Chiara, attribuiti entrambi a Bernardino Niger da Biancavilla. Sull'altare maggiore si trova un dipinto ad olio su tela, di Frate Umile da Messina, firmato e datato 1659. Raffigura la Vergine Immacolata che fra una schiera di cherubini si libra verso il Cielo; in basso stanno Sant' Agata, Sant' Egidio, San Francesco e Santa Caterina. L'opera risente, nella figura della Vergine, l'influsso del manierismo, mentre le altre figure manifestano la mano di un pittore compiuto. Il sontuoso panneggiare dell'azzurro manto che avvolge la Vergine accentua il senso della scesa e la rende più aerea. Ondeggiante e di stupendo effetto il drappo, che la corona di angeli regge sul capo della Vergine. Gli angeli sono in atteggiamenti festevoli ed in incroci audaci che sanno di correggesco. Il viso delicato della Vergine, cinto di un'aureola di stelle, irraggia rapito in un tripudio di luce. I santi, prostrati, mirano rapiti la vergine; le sante, con in mano il simbolo del loro martirio, sono rapite anch'esse nella celeste visione. Il linguaggio del quadro è forbito; fluttuante è il panneggiare del manto della Vergine che concentra a sé tutte le figure. Il tono cromatico riesce armonico, l'insieme della figurazione è conciso, l'effetto degli sbattimenti è potente. A sinistra dell'altare maggiore si trova un dipinto ad olio attribuito a Bernardino Niger, da Biancavilla. Santa Chiara ieratica nella sua compostezza, sa di arcaismo; ma è di una dolcezza assai composta, rea più nobile dalla tinta scura delle carni. Inquadrata in un fondo che tendo al bruno, la sua figura risalta impeccabile. Il volto è docile, lo sguardo è trattenuto umilmente, le mani portanti una pisside, sono di una delicatezza cerea. Il cielo è diffuso di nubi che si diradano lasciando trasparire un tenue chiarore; sull'orizzonte si profilano un castello e un albero che rompono la monotonia. I gigli, simbolo della purezza verginale, risaltano candidi, in un contorno lineare da orafo. L'opera è di spiccata qualità stilistica, e ripete un arcaismo che al Niger è derivato dalla scuola umbra. A destra dell'altare maggiore si trova un altro dipinto ad olio sempre attribuito a Bernardino Niger. Il quadro raffigura Sant'Antonio da Padova col Bambino in braccio. Lo stile arcaico e severo, gli elementi del paesaggio tradiscono la stessa mano del dipinto precedente, che rivela un artista del cinquecento il quale ha rievocato i tratti paesistici della scuola umbra. Anche l'atteggiamento raccolto, la soave dolcezza del viso, il capo lievemente inclinato, gli occhi profondi e raccolti dimostrano chiaramente il retaggio di questa scuola. Pieno di grazia è il Bambino, che posa la testina sulla spalla del santo, e il piede sinistro lievemente posa sul libro che Sant'Antonio tiene poggiato sul fianco, mentre una fascia svolazzante l'avvolge in una lieve carezza. Ma è sull'altare la più eccelsa fra le opere conservate a Linguaglossa, la celebre Custodia di Pietro Bencivinni da Polizzi, scolpita tra1708 ed il 1710. La Custodia venne donata dalla Baronessa Speciale di Nicosia per ringraziare Padre Girolamo, maestro dei Novizi, al quale la nobildonna aveva affidato l'educazione dei suoi figli e soprattutto del figlio Frate Giuseppe Maria. Il Bencivinni iniziò la custodia nel 1708 e la finì nel 1710, il 5 dicembre dello stesso anno la custodia venne collocata dove oggi si trova. La Custodia è scolpita in legno di cipresso, arancio e noce, si compone di tre ordini e la parte terminale è chiusa da una cuspide che sorregge un globo su cui svetta la Croce. Di proporzioni monumentali è fastosa nella complessa architettura delle sue parti, è tutta un ricamo fantasioso di motivi ornamentali che vanno dalle figure di animali a quelli di angeli, dalle conchiglie agli ippogrifi, dalle balaustre che separano i diversi piani ai fiori che istoriano le colonnine delle absidiole. Un furto nel 1985 ha privato la custodia delle statuette che ornavano le sei nicchie dei primi due ordini. La parte inferiore della Custodia contiene il Tabernacolo. La porta del tabernacolo narra la Cena di Emmaus, alla base delle colonne sono l'Amore sacro e l'Amore profano. Sul lato sinistro San Pietro ed il Vecchio Testamento, sul destro, San Paolo e ed il Nuovo Testamento. Nella cappella centrale del primo ordine era la dolcissima statua dell'Immacolata, in quella a sinistra la cappella di San Giuseppe, a destra la cappella di San Francesco, sui quattro pilastri laterali angeli a rappresentare la Vittoria del bene sul male, chiudono il primo ordine la Giustizia e la Fortezza. Alla base delle colonne sono il: Sacrificio di Isacco e Mosè ed il serpente di bronzo, Adamo ed Eva prima e dopo la caduta, ed ancora sei piccoli busti di Cappuccini fra i quali è da riscontrare Padre Girolamo. Nella cappella centrale del secondo ordine era la statua di San Nicolò di Bari, atto di omaggio dello scultore a Nicosia, di cui San Nicolò è protettore. Nella cappella a sinistra la statua di Sant' Antonio da Padova ed in quella a destra Santa Chiara. I pilastri ai lati delle cappelle rappresentano: la Carità, la Fede, La Chiesa militante e la Chiesa Trionfante, la Temperanza e la Virtù; alla base delle due colonne centrali a sinistra la Morte e a destra il Tempo. Il terzo ordine ha nicchie vuote. Ai lati della nicchia centrale sono a sinistra la statua di Santo Stefano ed a destra quella di San Lorenzo. Ai lati della nicchia a sinistra le statue di Santa Caterina e di Sant' Agata, mentre ai lati della nicchia a destra si trovano Santa Lucia e Santa Barbara, tutti i santi mostrano i segni del loro martirio. Anche se impoverita dal furto di buona parte delle statuette la custodia oggi continua ad essere quello che ebbe a dire il Maganuco, uno dei più avveduti critici d'arte siciliani: "… è opera unica nel suo genere, di gran lunga superiore per la complessità dell'insieme e per la raffinata tecnica dell'intaglio, alle custodie similari e più piccole di Piazza, di Palagonia, di Mazzarino, di Militello…". Nel Convento si conservano ancora altre opere d'arte, come i dipinti del palermitano Vito d'Anna, Vergine e Madonna col Bambino dormiente, e la Vergine col Bambino poppante forse del pittore Andrea da Salerno, ed ancora un San Gaetano di Lucio Grasso e una Santa Margherita di autore ignoto. Nel vecchio refettorio interessanti affreschi fra i quali nella parete principale una bellissima Ultima Cena di autore ignoto. All'interno del Convento si trova una interessante biblioteca con libri che vanno dal XVI al XVIII secolo. Subito accanto la Chiesa dell'Immacolata è l'Ospedale San Rocco, costruito nel 1609 per volontà del linguaglossese Signorino Vecchio. Di fronte all'ospedale è una bella villa dedicata all'On. Giovanni Milana. Agli inizi del secolo la villa era parte integrante del Piano San Rocco il quale era adibito a deposito di legname proveniente dal bosco Ragabo. La piazza venne trasformata in villa verso il 1915. Accanto la villa è la semplice chiesetta di San Rocco. Fra le chiese più antiche del paese, costruita agli inizi del seicento, ad una sola navata, conserva all'interno la statua di San Rocco del 1891 e la bella statua della Madonna del Rosario, della fine del settecento, in precedenza nella chiesa della SS. Annunziata. La leggenda racconta che la chiesa sia stata costruita dove prima era un piccolo "artareddu" con dentro una icona del santo taumaturgo, subito dopo una lunga pestilenza. San Rocco Il Santo di Montpelier gode in Linguaglossa di profonda venerazione, ed è dalla metà del secolo scorso compatrono della Città. Per capire quale è l'amore verso il Santo è bello ricordare quello che avvenne il lunedì del'11 agosto del 1930. Verso le 19 oltre 200 donne in corteo avevano chiesto al Podestà la riapertura della chiesa, chiusa per disposizione del vescovo, visto che la loro protesta non conduceva a nulla forzarono la porta e sostarono all'interno in preghiera come ad iniziare la preparazione alla festa annuale del 16. Dopo due giorni il Prefetto intervenuto a calmare gli animi diede disposizione che la chiesa venisse riaperta e la festa spostata al giorno 24. Quasi tutti gli anni la domenica successiva al 16 di agosto si celebra in onore di San Rocco se non la più antica, certamente la più popolare delle feste, con il suo momento più coinvolgente quando sulle scale della chiesetta vengono vendute all'asta gli oggetti donati al Santo dai fedeli. A volte la rivalità tra i contendenti fa raggiungere ai prezzi esorbitanti, e questo è dovuto soprattutto alla bravura del banditore, il quale in un siciliano molto colorito riesce ad ottenere un cifra sproporzionata al valore dell'oggetto. Sarà un caso ma ogni anno durante l'asta le prime nuvole annunciano la fine dell'estate e non è raro che qualche goccia salutare scenda a benedire gli astanti. Dopo l'asta segue sempre " 'a scassati ê catusi " la rottura dei cocci. Ad una corda attaccata ad un albero per un capo e tenuta per l'altro da un uomo, viene appeso un coccio di argilla cruda che oscilla con strani e bizzarri movimenti, ad una altezza che varia da tre a quattro metri sul livello della strada. "Sotto il coccio cinque o sei uomini si dispongono a piramide, tenendosi avvinghiati l'uno all'altro; quello che con la sua testa fa da vertice, libero nella braccia, spia, spesso con aria di studiata noncuranza, le oscillazioni del catuso; poi, di scatto, sferra il pugno che nove volte su dieci va a vuoto e scompone l'equilibrio della piramide umana. Ad ogni colpo fallito ad ogni rottura di coccio, il cui contenuto varia dai fazzoletti all'acqua fresca, dalle scarpe per bambini al nerofumo, dalle cravatte alla terra rossa, gli spettatori trattengono il fiato, consigliano, fremono, motteggiano con fescennina salacità." Fino a qualche anno fa altro momento di grande coinvolgimento popolare era ( 'a cchianata â ntinna ) la scalata dell'albero della cuccagna. Oggi a più riprese si sta tentando di riprendere questa antica tradizione. È la festa del paese, ritornano gli emigrati, non solo per rivedere i propri cari, ma soprattutto, per rivivere la gioia della festa a San Rocco. La Villa Milana diventa l'anima della festa, si anima come non mai, tutta la Città è li a vivere e gioire di un momento che porterà nella loro memoria per sempre. La festa religiosa per un lungo momento lascia spazio alla fantasia, al sogno di una notte di mezza estate. Attraversata la Villa Milana, ingentilita da una bella fontana ornamentale, ornata con teste di moro in ceramica, ci si dirige verso la Via Guglielmo Oberdan che ci riporta sulla Via Roma, arteria principale del paese. La Via Oberdan presenta ancora il vecchio tessuto viario del paese, con strade strette e semplici case. Sulla Via Roma su di una piazzetta sorge la Chiesa della SS. Annunziata, certamente del XVI secolo, nulla però ci ricollega alla chiesa più antica, perché molte sono state le trasformazioni subite nei secoli passati, come attestano le diverse date scolpite ora sul timpano della finestra (1635), sul campanile (1718) o sul portale (1771). Interessante il portale principale, policromo, composto da pietra lavica e marmo rosso, sormontato da un "artareddu" con dentro scolpita l'Annunciazione. L'interno delle chiesa era affrescato, oggi rimane solo un piccolo tratto, una cornice di fiori sopra l'ingresso principale. Nell'abside si eleva l'altare maggiore, dominato da un artistico organo in stile gotico, attorno al quale gira il coro. Il presbiterio è chiuso da una artistica balaustra in marmo. Di notevole valore artistico sono i due gruppi scultorei entrambi attribuiti al plasticatore napoletano del settecento, Gennaro Francese, seguace della scuola gaginiana. Il primo gruppo di due statue di squisita fattura in pastiglia dipinta raffigura la Annunciazione. Al di sopra del gruppo si erge una elegante cupola sostenuta da angeli. Il gruppo richiama la statua della Vergine del Fuoco conservata nel Santuario di Vena. Il secondo gruppo sempre in pastiglia dipinta rappresenta la Vergine Odigistria, a cui era in precedenza dedicata la chiesa. La Vergine, è rappresentata in trono su di una cassa, sostenuta da due monaci basiliani e da un angelo. Il baldacchino portato da putti è attribuito ad un non ben identificato plasticatore locale, certo Lippio. La presenza di questa statua ci conferma che i monaci brasiliani abitarono l'antica Abbazia di Santa Caterina, che in seguito cedettero ai monaci cassinensi. Dell'abbazia oggi non restano che sparuti resti. Sulla Piazza Annunziata si trova la Pro Loco, con annesso un interessante Museo Etnografico, all'interno anche delle mostre della fauna e della flora dell'Etna. E' certamente il più interessante fra quelli che trattano l'Etna sotto tutti i punti di vista. Sempre dalla piazza si può iniziare un interessante itinerario artistico, quello dei Murales. Sulle pareti esterne della Chiesa della SS. Annunziata vi sono diversi murales , altri sono nelle vie adiacenti. Fra questi spiccano quelli di Salvo Caramagno, di Carmen Crisafulli e di altri pittori. Continuando sulla Via Roma si raggiunge il centro del paese, "I Quattro Canti", a sinistra la Via Umberto I che proseguendo con la Via Mareneve ci porta alla magnifica pineta Ragabo, invece ancora più avanti si trova la piazza principale del paese "Piazza Matrice".