DESCRIZIONE ANALITICA DEI TOPONIMI

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ABATI,  VIA  DEGLI

Degli abati di Santa Caterina di Linguaglossa, che in publico Regni consessu, ovvero in Regni comitiis, cioè nel Parlamento Siciliano, occupavano il XLII seggio, abbiamo una lunga nota tramandataci da V.M. Amico. Apre la serie, nei primi decenni del Cinquecento, il Monaco di Sant’Agata  Fra Tommaso Guerrieri, seguito da Fra Girolamo Picadati e da Fra Pietro Quartarano. Dal 1606 gli Abati vengono eletti da Don Orazio Bonanno, Signore della Terra; si succedono nell’alta carica Bernardino Picta, Don Angelo de Balsamo, lo spagnuolo Giovanni de Valdivexa Ruiz e il palermitano Martino La Farina, vir omnigena eruditione refertissimus. Passata Linguaglossa al Regio Demanio, il Ius eligendi fu acquisito - come vuole l’Amico - dalla Corona di Spagna, che confermò Abate di S. Caterina lo stesso La Farina. Gli successe Bernardino Noceti, messinese. La serie continua con lo spagnuolo Lorenzo De Grado, nominato nel 1665 e col siciliano Antonio Scomma, morto nel 1732. Dei successori dello Scomma poche notizie siamo riusciti ad avere; nel 1787 regge l’Abbazia un Rev.do Magazù, non meglio identificato, mentre nel 1829 il titolo di Abate è conferito dai Decurioni della nostra città al linguaglossese Don Antonino Torchia, che copre l’alta carica sicuramente sino al 1851. Nel 1866, con la soppressione dei beni ecclesiastici, cessa anche la serie degli Abati di S. Caterina. Sul Ius eligendi, che i Decurioni linguaglossesi avocarono a sé, la questione fu molto controversa. Sembra che i giurati del nostro paese, dopo il riscatto, fossero riusciti a tenersi quel diritto, che poi perdettero per incuria.

ABBAZIA,  VIA  DELLA

Il primo monastero di questa Abbazia di S. Caterina fu edificato alle pendici del bosco detto del monaco, per i monaci che vi abitarono. Ancora nella metà dell’Ottocento si vedevano i ruderi della chiesa, e ancora oggi esistono le fonti da dove i monaci attingevano l’acqua. Intorno al Seicento l’Abbazia fu abbandonata, ma ricostruita in paese. Attualmente la chiesa di S. Caterina non esiste più perché è stata abbattuta per fare posto ad una casa per civile abitazione.

AGOSTINI,  PIANO DEGLI

Si veda la descrizione di Via degli Agostini.

AGOSTINI,  VIA  DEGLI

La  denominazione, che risale ad uno dei casati gentilizi più antichi del paese, resta tale per rispetto della tradizione. Del pari opportuno sembra denominare Piano degli Agostini la modesta area attigua alla via, volgarmente detta ’u gghianu ’i Munti  o ’u gghianu ’a preula. Il commissario al Comune Francesco Abatelli Trigona, volendo negli  anni ’50  ripristinare  per  il  mercato  la  vecchia  sede,  cantata anche nei versi del Notaro Francesco Copani,  fece  costruire  nell’area  del  largo  un nuovo  edificio.  Ma  la  costruzione  per la precarietà della rete viaria, ebbe sorte infelice.

AGRIGENTO, VIA

Capoluogo di provincia della Sicilia, antichissima città (Akragas) fondata nel 583 a.C. come colonia dorica dai Rodii di Gela. Racchiude quindi innumerevoli tesori d’arte ed è pittorescamente situata su due dominanti la Valle dei Templi ed in vista del mare. Chiamata Girgenti (dall’arabo Giergint) fino al 1927. Fra le preziose rovine di numerosi templi greci, particolarmente  interessanti  sono quelle del Tempio di Ercole, ritenuto forse il più antico per la rastrematura delle otto colonne conservate; quelle del Tempio di Giunone Lacinia (V sec. a.C.), periptero, esastilo, che con le sue 25 colonne ancora in piedi s’inquadra nel paesaggio creando una suggestiva visione; quelle del Tempio di Giove Olimpico, enorme costruzione molto danneggiata e di cui una particolarità sono i telamoni, gigantesche figure umane aventi unicamente una funzione architettonica; quelle del Tempio di Castore e Polluce, particolarmente pittoresche; e quelle del Santuario rupestre di Demetra forse del VII sec. a.C., interessante anche per le sue testimonianze preistoriche. Quasi in perfetto stato di conservazione è il Tempio detto della Concordia (450 a.C.), una delle più belle creazioni doriche, periptero, esastilo, d’euritmiche proporzioni, una fra le massime espressioni della civiltà della Magna Grecia. Notevoli ancora sono la Tomba di Terone, costruzione a pianta quadrangolare, l’Oratorio di Falaride ed altri piccoli templi. Ma anche l’arte medioevale ha lasciato nel centro urbano vari monumenti come dimostrano la Chiesa di S. Nicola (XIII sec.) romanico-gotica, il Duomo del XIV sec. poi rimaneggiato, con il sepolcro De Marinis pregevolmente scolpito, la Chiesa di Santo Spirito con un chiostro di ottima architettura e numerose altre chiese. Il materiale proveniente dagli scavi è stato raccolto nel Museo Nazionale Archeologico che offre così una interessantissima varietà di statue, vasi, piatti, ecc. della civiltà dorica. Pure ricco è il Museo Diocesano in cui si può ammirare il Sarcofago di Fedra del II sec. d.C. altre opere d’arte ed una collezione folcloristica sono nel Museo Civico. Nel Museo Paleontologico Siciliano a Palazzo Celauro fossili anche umani di 500 mila anni.

DANTE,  VIA  ALIGHIERI

(Firenze 1265 - Ravenna 1321) Ciascuna comunità ha un suo legame col divino Poeta perché la sua Commedia riassume in qualunque epoca ed in qualunque condizione civile il dramma dell’uomo, il suo insonne cammino alla ricerca delle leggi che ci legano senza farci schiavi e della libertà che realmente ci fa liberi. Chi si sentirebbe, dunque, di escludere dalla toponomastica del paese il nome del vate fiorentino.

AMARI,  VIA MICHELE

AMARaaaaaaANacque a Palermo il 7 luglio 1806 e morì a Firenze il 16 luglio 1889. Se Fazello è il padre della storia siciliana, l’Amari è lo scrittore di storia più illustre che abbia avuto la Sicilia. Ancora ragazzo, nel 1820, cospirò per l’indipendenza dell’Isola. Poco dopo, incarcerato il padre, Michele Amari, rimasto a capo della famiglia, concepì un odio mortale contro il governo borbonico. Nel 1842 pubblicò a Palermo la storia dei Vespri Siciliani. L’opera sfuggì alla censura, ma non al rigore del governo, che invitò l’autore a Napoli per una discolpa. L’Amari preferì prendere la via dell’esilio e riparò in Francia, dove fu accolto con entusiasmo dai fuorusciti italiani. In Francia preparò il materiale per la Storia dei Musulmani in Sicilia. Insorta nel ’48 l’Isola, l’Amari ritornò in Patria e fece parte del Comitato di Guerra e Marina del governo rivoluzionario: caduto il quale, riprese la via dell’esilio e a Genova promosse un comitato per la raccolta di fondi e di armi da inviare in Sicilia. Da Garibaldi fu chiamato ad assumere il Ministero dell’Istruzione e dei Lavori Pubblici; rifiutò l’incarico di storiografo della Sicilia. Dal Cavour fu nominato Senatore e più tardi fu chiamato al Ministero dell’Istruzione. La fama dell’Amari va riferita alle monumentali storie citate, profonde, chiare, precise, vive e palpitanti insieme, rivelatrici del genio dello storico di razza. Con esse l’Amari inizia una nuova era della critica storica e porta al tempo stesso un prezioso contributo alla ricerca delle fonti. Modelli insuperati, la Storia dei Vespri e quella dei Musulmani, fanno ancora oggi testo e sono da considerarsi tra le opere fondamentali della storiografia europea.

ANGIOINI,  VIA DEGLI

Gli Angioini  introdussero  in  paese  il  culto  del  Santo Patrono. Urbano IV, il primo dei papi francesi, offre l’investitura del Regno di Sicilia a Carlo d’Angiò, fratello di Luigi il Santo re di Francia. Carlo scende in Italia e nel 1268, nella battaglia di Benevento, sconfigge Manfredi che muore in combattimento. Ma Carlo era ben lontano dall’essere come suo fratello; egli non ebbe altra premura che di distruggere lo stato moderno creato da Ruggero II e Federico II, al fine di sostituire ad esso un regime feudale di tipo francese e di imbottire di appannaggi i suoi baroni angioini e provenzali. Ma se vi riuscì nell’Italia meridionale, in Sicilia cozzò, invece, con un risveglio di nazionalismo che scoppiò il martedì santo del 1282, davanti alla Chiesa del SS. Spirito a Palermo e che la storia ricorda come i Vespri Siciliani.

ANNUNZIATA,  PIAZZA

Il fascismo volle nel 1937 cambiare il nome della piazza e, naturalmente esaltando la presenza della casa del fascio costruita di recente, la chiamò piazza littorio. Ma si trattò di una pesante forzatura che, tramontato il mito fascista, non aveva più ragione d’essere. La conferma del vecchio toponimo è pienamente giustificato dalla chiesa cinquecentesca che nel SS. Annunziata riassume messaggi di fede e tradizioni care al popolo.

ANTENNA,  VICO DELLA

Gioco tipico che si svolgeva durante la festa del co-patrono S. Rocco: un pino alto e dritto unto di grasso, che portava in cima, appeso ad un cerchio - per quei tempi - il ben di Dio.

AQUILE,  LARGO  DELLE

La denominazione ha un duplice significato; rievocare una delle famiglie più antiche del paese, la famiglia dell’Aquila, ma anche l’Aquila volante con il capo coronato che è lo stemma che Filippo IV  Re di Spagna concesse a Linguaglossa, insieme al titolo di Civitas Dilecta Integra, nel lontano 1634. Per la viuzza che si trova quasi di fronte si propone il nome di Via delle Colombe: e va da sé che la proposta nasce da una evidentissima associazione di idee. Perché se l’aquila è simbolo di libertà, di una libertà a volte aggressiva, la colomba è simbolo d’amore e di pace. E alla libertà, ma anche alla pace, noi aneliamo con tutte le nostre forze. 

ARAGONESI,  VIA  DEGLI

Al breve regno Angioino succedette quello degli Aragonesi. Per quattrocento anni la Sicilia spagnolizzata, sotto la ferula del Vicerè, non ebbe più storia. Basterà soltanto rilevare come, malgrado qualche figura eminente di sovrano, gli Aragonesi non riuscirono nè a fare della Sicilia la base di un loro predominio nel mediterraneo, nè a vincere il disordine e le lotte intestine acuitesi dopo il lungo regno di Federico II.

ARCHIMEDE,  VIA

Matematico e fisico greco di Siracusa, il più grande dell’antichità (287-212 a.c.). A lui si devono molte invenzioni, fra cui quelle della vite perpetua, della carrucola mobile, delle ruote dentate e la scoperta del principio detto di Archimede.

ASTA,  VICO  DELLA

Banditori famosi per l’asta dedicata al Santo furono Concetto Turnaturi  babbaracchio e Concetto Tambone...- A reclamizzare la merce di arte ce ne vuole tanta! -

ASTRAGALO,  VICO  DELLO

Con i suoi tipici ed ampi  pulvini   spinosi   caratterizza   in   maniera inconfondibile il paesaggio dell’alta montagna etnea. E’ volgarmente  detto  spino  santo, è della famiglia della leguminose ed il suo nome botanico è astragalus siculus , fiorisce da maggio ad agosto.


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