DESCRIZIONE ANALITICA DEI TOPONIMI

- R -

 

RAGABO,  VIA DEL

Nella   prima   metà   del   seicento   l’arabo   Ragabo  risulta  nome  proprio  in  un  Rivelo del 1636, in cui si accenna al “feco, bosco in contrada di Ragabo, confinante col Bosco della Cirmaniera di Castiglione”. Ma già qualche anno prima, nel 1628, durante la lite sorta tra l’Università di Linguaglossa e il Barone Don Orazio Bonanno, un testimone ligio al Signore faceva in questi termini la sua deposizione: qualiter nello fegho su bosco chiamato dello Rahabo li citatini et habitaturi di questa Terra hanno soluto et solino coliri tutta quella aglanda che hanno voluto.

RAGONESI,  VIA FRANCESCO

Nacque a Linguaglossa verso la metà del secolo scorso. Volse incessantemente le sue cure alla salute delle anime, ma si appassionò anche alla vita politico-amministrativa del suo paese. Nominato Arciprete di Acicastello, gli fu conferita la carica onorifica di Cameriere Segreto di Sua Santità. Condusse gli ultimi anni della sua vita in estrema miseria. Morì cieco e dimenticato. Lasciò delle opere a stampa. Un opuscolo da lui pubblicato nel 1900, con il titolo di Hic et nunc, dedicato a tutti i Linguaglossesi “da un Dio e da una Patria uniti, perché col patrio amore, guidandoli Iddio, abbiamo un sol cuore, un’anima sola”, dimostra quale tempra di lottatore e polemista egli fosse. Ma l’opera più importante del Ragonesi rimane la Vita di Sant’Egidio Abate. Il libro, di mole considerevole, è , come dice lo stesso Autore, un modesto tributo d’affetto e di divozione sincera al Santo. E invero lo stile vi è semplice e piano, esente quasi sempre dalla bolsa retorica, che si suole riscontrare in simile genere di opere. Le fonti agiografiche (i Bollandisti, il Teissonier, il Goubier, il Delmas, il Kerval, il De Everlange e lo stesso Breviario Romano) sono accuratamente discusse e vagliate. Manca al Ragonesi, proprio a causa delle sue personali esigenze critiche, la gioia del raccontare, ma ciò non toglie che la Vita del nostro Patrono rimanga un’opera degna di considerazione per chi voglia storicamente e piamente rivivere la gloria del Grande Ateniese.

RAGUSA,  VIA

Attiva città agricola e mineraria (asfalti e petroli) situata sulle  pendici Sud degli Iblei, sopra un lungo sperone tra due valloni scoscesi. È formata da una parte moderna, dalla regolare pianta a scacchiera,  e  da  una  parte  più antica, Ragusa Ibla,  a  Est  pittoresca  nella  sua  accidentata planimetria, ricca di ricordi medievali e di sontuosi edifici barocchi.

RAMAZZINO,  VIA

Il toponimo è brutto, ma la tradizione non ammette, purtroppo, alternative. Il Ramazzino era un edificio adibito a pubblico immondezzaio, situato sulla sponda sinistra delTorrente San Leonardo. Per il significato della parola confronta le voci ramazza eramazzare. Oggi il Ramazzino non esiste più, ma il ricordo di esso è rimasto nell’espressione jettulu ’o Ramazzinu, che si dice di oggetti inservibili o privi di un qualsiasi pregio. Ma si dice anche jettulu ’a manedda ’i Scicchittu e jettulu arreri ’a Matrici. Dal che si comprende a quale uso nel passato fossero adibite quelle aree di impossibile circolazione.

RANDAZZO,  VIA

Centro agricolo e turistico alle falde dell’Etna, costruito con pietre laviche e di aspetto medioevale. Di antica ma incerta origine, assunse importanza dopo la guerra del Vespro quando alla normanna Chiesa di Santa Maria se ne aggiunsero altre due, ciascuna con il proprio vescovo. Fu città munita e roccaforte dei re normanni e aragonesi che la dichiararono demanio regio. Nel 1305 fu eletta a propria dimora da Federico II d’Aragona e nel 1332 gli Infanti della casa aragonese ebbero il titolo di Duca di Randazzo. Cominciò a decadere alla fine del XVI sec. conservò il suo aspetto medioevale fino all’ultimo conflitto mondiale, allorché, per essere l’ultimo caposaldo difensivo degli Italo-Tedeschi, fu fatta oggetto di feroci bombardamenti che l’hanno irrimediabilmente guastata. Conserva la Cattedrale di Santa Maria, pregevole esempio di stile normanno-svevo del XIII sec. (rifatta nel secolo scorso), ricca di numerosi oggetti artistici e dipinti; la Chiesa di San Nicola, rifatta nel 1585, che mantiene della primitiva costruzione duecentesca la parte absidale con il transetto e l’abside poligonale coronato da un giro di archetti e di merli e racchiude all’interno opere del Gagini ed un pregevolissimo trittico del 1400 della Scuola di Antonello da Messina; e la Chiesa di San Martino, con un campanile in stile normanno-svevo con modanature e in bianco e nero, unico in Sicilia risalente al mille. Imponenti sono i resti delle mura medioevali con la Porta Aragonese adorna dei tre stemmi originali sull’arco ogivale, dove li fece collocare nel 1282 Re Pietro d’Aragona. Il nome alla via venne dato dal Commissario Prefettizio Dott. Francesco Abatelli Trigona nel 1951. Fu l’unica via ad essere approvata dalle autorità tutorie. Detta via sostituì definitivamente la denominazione di Via Galatea.

RAPISARDI,  VIA MARIO

Nacque a Catania il 25 Febbraio 1844 e quivi morì il 4 Gennaio 1912. Fece i primi studi nella città natale. Ancora giovane si affermò nel mondo delle lettere con la pubblicazione di alcune liriche. Le Ricordanze e La Palingenesi. Gli fruttarono una grande fama ed insieme un incarico presso l’Ateneo catanese. Nel 1878, Francesco De Sanctis, Ministro della P. I. lo nominò ordinario di letteratura italiana, sempre presso l’Università di Catania. In seguito alla pubblicazione dello Studio su Catullo ebbe anche l’incarico di letteratura latina. Scrisse liriche, poemetti e poemi, fra cui ricordiamo: Lucifero, Giustizia, Giobbe. Fu apprezzatissimo traduttore dei Carmina di Catullo e di Orazio, e del De rerum Natura di Lucrezio. L’arte di Mario Rapisardi, anche nelle intemperanze, dovute al suo cuore insofferente di ingiustizia e, pur risentendo della correnti politiche del suo tempo, che ne determinarono la parte caduca, è realmente un’urna greco-sicula. Alla perfezione formale corrisponde la perfezione ideale, cui il poeta aspirava e per la quale visse e cantò. Fu solitario, e per questo si levò, giudice dei suoi tempi e profeta dell’avvenire.

REGANATI,  VIA FRANCESCO SALESIO

Appartenente ad una delle più nobili famiglie della nostra città, (dal seno di quella famiglia è uscita tutta una schiera di avvocati, medici, uomini politici, sindaci apostolici e benefattori) Francesco Salesio (da non confondersi con l’altro Francesco Salesio che fu sindaco del paese all’indomani dell’Unità d’Italia) nacque a Linguaglossa dal Dottore Giovanbattista verso la metà del XVIII secolo. Fu dottore in ambo le leggi ed ebbe delle cariche pubbliche, fra le quali, per molti anni, quella di Deputato dell’Ospedale, per l’incremento del quale spiegò una intensa attività.

REGANATI,  PIAZZA ROSARIO MARIA

Don Sareddu Reganati appartenne alla classe dei civili linguaglossesi,  quelli però che in paese esercitarono più il fascino del casato veramente nobile che l’imperio di un duro comando. Era persona straordinariamente mite e disponibile verso il prossimo. Fu podestà al Comune e si rese benemerito del paese per il tratto signorile della sua attività sempre improntata al bene della comunità. Il palazzo Reganati, sulla via Roma, ha rappresentato un punto di riferimento positivo anche nella distinzione dei ceti sociali, specie nei tempi duri di carestia o di guerra.

REGINA MARGHERITA,  VIA 

Figlia di Ferdinando di Savoia, duca di Genova, sposata nel 1868 al cugino Umberto, madre del re Vittorio Emanuele III. Prima regina d’Italia, protesse artisti e letterati, professò ammirazione ed amicizia per Giosuè Carducci, promosse la cultura femminile e si occupò con fervore delle opere di assistenza e di educazione della Croce rossa.

RESINA,  VICO DELLA

Così Antonio Filoteo degli Omodei descrive come i linguaglossesi estraevano la resina dai pini secolari della Pineta Ragabo: Vanno gl’artigiani cercando per tutto il Monte i pini che trovar vi si possono di più anni, i quali, ò in tutto ò in parte si hanno fatto ricchi di tede, cioè i quali per la lunga età habiano molto più grasso nel proprio lor succo viscoso, e naturale, simile alla gomma, il qual succo stesso se ne corre giù per la scorza, e vi si ferma...

RESINATORI,  VICO DEI

La resinazione rea in montagna una attività prevalente legata al razionale sfruttamento del bosco. Dalle scanalature praticate sulla pianta colava il liquido appiccicoso che si depositava sui vasi di terracotta posti ai piedi del pino.

RICAMATRICI,  VICO DELLE

I preziosi lavori delle nostre infaticabili ricamatrici si trovano conservati nelle nostre Chiese, gli arredi sacri e soprattutto le tovaglie d’altare ed i paramenti sacri ne sono un fulgido esempio.

RISCATTO,  VIA DEL

13 Giugno  1634, Linguaglossa è libera, è il Riscatto dalla servitù feudale. È certamente l’episodio più importante della storia del paese, come non ricordarlo.

RIZZO,  VIA LUIGI

Nacque a Milazzo l’ 8 Ottobre 1887. Morì nel 1951. Ufficiale di Marina, partecipò alla prima guerra mondiale. Dal giugno 1915 al gennaio 1917 fu destinato a Grado, dove si segnalò per vari atti di ardimento e ottenne una prima medaglia d’argento al valore. Svolse la sua attività principale nel Golfo di Trieste. Nel maggio del 1917 ebbe una seconda medaglia d’argento. Nella notte dal 9 al 10 dicembre 1917 affondò una delle più grandi unità della flotta Austro-Ungarica, la Wien. In quell’occasione Rizzo ebbe la prima medaglia d’oro al valor militare e fu promosso per la seconda volta per merito di guerra. Distintosi in altre missioni si guadagnò una terza medaglia d’argento. Nel febbraio del 1918 con D’Annunzio e Costanzo Ciano partecipò alla beffa di Buccari a scorno della cautissima flotta Austriaca, occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa e si meritò la quarta medaglia d’argento. Il 10 giugno del 1918 presso Premudà, affondò la Santo Stefano. Gli fu decretata la seconda medaglia d’oro.

ROMA,  VIA

E’ la strada più bella del centro. La chiamarono Roma i nostri antenati forse per indicare il patriottismo dei linguaglossesi e il loro orgoglio nel sentirsi vicini col cuore alla capitale. La strada fu resa più bella negli anni ’50 con l’abbattimento del palazzo attiguo alla Chiesa Matrice che stringeva ad imbuto la via principale. La Via Roma attraversa quartieri e zone popolarmente conosciute come: Puntacciolo (’u puntacciolu), Case Nuove (’i Casi novi), lo Stradone (’u Stratuni), San Francesco, Annunziata, Quattro Canti (’i Quattru Canti o i Quattru Cantuni), Matrice (’a Matrici) e si congiunge, nei pressi della Via Ramazzino  (’a maneddao Rramazzinu), alla Via Garibaldi ( ’a strata ’i Caribbaddi).

ROVERELLE,  VICO DELLE

Del gruppo Quercus robur. Queste querce caratterizzano il piano (suprameditteraneo), detto  “delle querce caducifoglie”, ove sono rappresentate in individui isolati o in boschi frammentari.

ROVETTACCIO,  VIA

La strada finisce in questa contrada.

RUGGERO  II,  VIA

La prima notizia storica su Linguaglossa si deve grazie ad un documento del 1145, in cui il Re Normanno designa le terre soggette all’Archimandrita Luca della Diocesi di Messina.


Vai a| Toponomastica

Linguagrossa - La Toponomastica di Linguaglossa
©2007 Antonio Cavallaro - Via Manzoni, 59 - 95015 Linguaglossa (Catania) Tel.095/647710